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Aniello Montano: I Gigli di Nola di Valeria Serofilli

I Gigli di Nola


La pubblicazione di questo libro deve molto all’impegno profuso dal Rotary Club di Nola-Pomigliano e dal suo Presidente pro-tempore, Dott. Guglielmo Russo. Senza questo impegno, il libro non sarebbe stato pubblicato o, per lo meno, non sarebbe stato pubblicato in questa zona, di cui ricostruisce ed analizza un importante evento folkloristico-culturale, quale certamente è la Festa dei Gigli di Nola. Russo, avendo saputo che una brava studentessa pisana si era laureata nella prestigiosa Univesità della città toscana, appunto, sulla Festa dei Gigli, la contattò e chiese di leggere il lavoro per curarne una eventuale pubblicazione. Letto il dattiloscritto e fattolo leggere a qualche amico fidato, si convinse che stamparlo avrebbe significato contribuire in maniera non generica né superficiale ad un’ulteriore, approfondita conoscenza non solo delle varie fasi della festa, ma, soprattutto, delle motivazioni profonde che la originarono e l’hanno trasformata nel corso dei secoli. Di qui la decisione di sottoporre il progetto agli amici del Rotary ed il consenso unanime ed entusiastico di questi.
A convincere tutti fu non tanto l’originalità del lavoro, perché non è affatto facile offrire un contributo originale su un tema sul quale si scrive da ogni angolo visuale da secoli, quanto l’accuratezza e la completezza delle informazioni, il collegamento delle matrici e di certi rituali della festa nolana con matrici e rituali di feste analoghe della Campania e di altre regioni italiane. Ma a conquistare il consenso dei primi lettori fu anche il tipo di prosa della giovane scrittrice. Interessata ai diversi momenti della festa, Valeria Serofilli ha assorbito talmente il ritmo e le movenze della festa da immetterli nella sua prosa, nel suo modo di raccontare fatti, personaggi e commenti critici. La narrazione, infatti, è così viva e plastica da far scorrere davanti agli occhi dei lettori le sequenze della festa come si trattasse di fotogrammi di una pellicola. In alcune fasi della descrizione della ballata e della processione dei Gigli per le vie della città, il ritmo del racconto sembra quasi cadenzato sul ritmo dei “cullatori”.
Pur non essendo nolana, né campana, la Serofilli si è lasciata totalmente assorbire dalla sua ricerca. L’ha vissuta in maniera intensamente emotiva e partecipata. Ha voluto essere presente, di persona, alle varie fasi della preparazione della festa ed ai giorni magici in cui questa si consuma tra ali tripudianti di folla. Ha voluto entrare nell’interno del fenomeno folkloristico-religioso, per capire il grande entusiasmo dei nolani e di quanti seguono con passione l’evento. In tal modo, ha assorbito umori e tensioni propri dei partecipanti attivi ai diversi momenti che scandiscono durante tutto l’anno le tappe di una cerimonia che sintetizza in modo emblematico riti pagani e riti cristiani.
Maturato sul campo il libro porta i segni di una personalità sanguigna, intellettualmente vivace e “curiosa”, che tutto vuole capire, che tutto vuole spiegare. E la stessa narrazione esibisce, come piccole perle, sensazioni e riflessioni maturate a caldo, durante le numerose visite alle botteghe artigiane in cui si lavora alla struttura ed agli addobbi dei Gigli o nelle fitte, ed altrettante numerose, conversazioni con studiosi locali o semplici appassionati della festa. Questo lavoro sul campo, se impone alla studiosa il riferimento ad eventi ed a personaggi legati alla festa di un particolare anno, per la precisione a quelli del 1989, non le impedisce di cogliere, anche nel particolare, il senso generale, starei per dire lo “spirito”, di quegli eventi e di quei personaggi. Come non le impedisce di essere ricercatrice attenta e puntigliosa, che consulta documenti e testimonianze antichi e recenti per confortare la sua tesi o per esporre linee interpretative che, pur non accolte da lei, concorrono a meglio lumeggiare elementi o momenti della storia della festa.
Facendo uso della strumentazione concettuale degli antropologi e dei sociologi, la Serofilli, infatti, va alla ricerca delle motivazioni “oggettive” e “soggettive” della festa, delle motivazioni che hanno attinenza con i cicli stagionali ed i ritmi dei lavori dei campi, ma che hanno riscontro anche nel bisogno psichico degli uomini di sentirsi protetti da un santo-eroe, che rischia la sua vita per il popolo.
Oltre alla descrizione minuta delle varie sequenze preparatorie e dei momenti più significativi della festa, all’analisi intelligente dei risvolti sociali ed economici del suo rinvigorire ed essere “esportata” in altri centri, la Serofilli ne tenta un’interpretazione complessiva. Ed è qui, credo, il pregio del lavoro. Ella accoglie e corrobora con osservazioni acute e fondate la tesi di quanti ritengono la festa, nella sua struttura attuale, il frutto maturo di un lungo lavoro di adattamento e di compenetrazione di elementi magico-iniziatici di provenienza pagana e di elementi culturali di provenienza cristiana. Scorge e sottolinea lo stretto legame tra il “maio”, simbolo fallico della fecondità, ed il “giglio”. Quest’ultimo, nel mentre simboleggia il cero, considerato insieme ai fiori come l’offerta del popolo a San Paolino che ritorna dall’Africa dopo aver avuta salva la vita di tutti i prigionieri nolani, rappresenterebbe anche una sorta di mimetizzazione del simbolo della fertilità delle feste agresti tipiche della cultura pagana. E la dedica ad un santo, autore di una impresa memorabile, ma forse anche leggendaria, sarebbe il frutto di uno stratagemma per fare accettare, in piena epoca cristiana, la sopravvivenza di culti legati alla cultura agreste ctonia.
Interessante anche la mappa che la Serofilli traccia delle varie feste che ricalcano quella nolana o che ne riproducono lo stile e/o una serie di caratteristiche. Importante la linea immaginaria che traccia da Baiano a Barra, indicando e descrivendo le iniziative di alcuni paesi dell’entroterra o di alcuni quartieri di Napoli (Barra e Gianturco), per individuare la stessa matrice per diverse feste popolari. Di particolare valore storico è il prolungamento di questa linea fino al cuore dell’Irpinia, per cogliere i motivi di contatto tra gli obelischi intessuti di paglia di Mirabella Eclano e di Fontanarosa con i “Gigli di Nola”. Ricchi di spunti interessanti pure i riferimenti ad una serie di feste toscane o molisane che hanno come punto di riferimento “macchine” e “ingegni” affini a quelli nolani. L’elemento originale in questa rete di rimandi e di corrispondenze è il confronto tra i “Gigli” e la “Faradda” sassarese e “li Candelecti” di Iglesias. Le oggettive somiglianze e la constatazione che le feste sarde sono modellate sulla festa pisana dell'Assunta fanno avanzare l’ipotesi di una remota origine pisana e di una eventuale “tinta” spagnola anche della festa dei Gigli di Nola. Ma, per quanto suggestiva e fascinosa, l’ipotesi sembra più l’effetto dell’apprezzabile desiderio di trovare un comun denominatore, se non un’unica ed identica matrice, per tutte le feste che assumono come punto di riferimento centrale l’erezione ed il trasporto per le vie cittadine di “obelischi” più o meno alti, che non il frutto di una convincente ricostruzione filologica o di oggettivi riscontri testuali.
Ampio, documentato, scritto in una prosa agile e scorrevole, frutto di ripensamento e di osservazioni personali, il libro si lascia leggere con grande piacere ed apporta un apprezzabile contributo alla folta letteratura su Nola e sulla sua ultramillenaria Festa dei Gigli.

ANIELLO MONTANO, prefazione al volume


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