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Amalgama in Valeria Serofilli - La parola e la cura
COMMENTO A CINQUE TESTI DI VALERIA SEROFILLI TRATTI DALLA RACCOLTA AMALGAMA
Intenso ed allusivo e' il titolo della nuova raccolta di Valeria Serofilli, Amalgama, ma la chiave interpretativa dei cinque testi tratti da questa, e pubblicati sul sito di Ivano Mugnaini, e' data dal titolo di una singola lirica: "Sovrasenso".
Già questi pochi componimenti delineano un percorso complesso, e la ricerca, ragionata e tenace, ancora una volta del "senso del verso", per riprendere il titolo di una precedente raccolta della Serofilli, ossia della ragione d'essere del poetare. Gli strumenti di questa ricerca consistono in una tecnica versificatoria che e' divenuta la cifra personalissima della Serofilli e che, come ho avuto modo di dire in altra occasione, si puo' accostare alla poesia barocca per l'abile uso di tutte le figure stilistiche proprie di questa categoria letteraria. Solo che, nel crogiolo della tecnica fondata sulle metafore ed in genere sui metalogismi, l'autrice immette contenuti estremamente originali, tanto da configurare alla fine un tipo di poesia che non e' accostabile a quella di nessun modello canonico.
Gli stessi temi trattati, la riflessione sulla scrittura e sul suo rapporto con il lettore, se da un lato si inseriscono all'interno di un filone tematico dai precedent illustri, dall'altro si sviluppano in immagini e contenuti che non trovano alcun parallelo nella tradizione letteraria.
"Noi siam le triste penne isbigottite,/ le cesoiuzze e 'l coltellin dolente, /ch'avemo scritte dolorasamente/ quelle parole che vo' avete udite" scriveva Cavalcanti facendo parlare in prima persona il proprio materiale scrittorio.
Di converso la Serofilli scrive:
"Sono l'impasto / da gustare piano
pagina a pagina, riga inchiostro pelle
carta di guscio che t'incanta molle"
Dove la riflessione sul rapporto tra autore e creazione poetica non passa piu' attraverso la personificazione, in terza persona, dell'inchiostro o, come nei poeti stilnovisti, attraverso la personificazione dello stesso componimento poetico, ma procede all'identificazione, in prima persona, tra scrittura/scrittore, contenuto/autore, nonche' all'inclusione di un terzo elemento, il lettore, le cui impressioni sono efficacemente evocate per mezzo di un accostamento sapiente di termini allitteranti ("carta di gusto che t'incanta molle").
Ne scaturisce un significato di poesia come procedimento complesso e razionale di composizione di immagini e di significati, ma anche come piacere avvincente e sensuale.
Altrettanto significativo ed efficace, sia sotto il profilo della musicalità che della coerenza ragionativa, il testo "Bevitrice di inchiostro", nel quale l'accostamento tra il vizio del bere e quello della scrittura, e più in generale dell'arte, può richiamare alla mente dai poètes maudits, a Edgar Allan Poe, al Santo bevitore di Joseph Roth. Ma la Serofilli tesse su questo parallelismo immagini e significati nuovi. Infatti, le due metafore, quella della bevitrice di birra e quella della bevitrice di inchiostro, si intrecciano e si complicano a vicenda perché ancora una volta se la poesia è accostabile al piacere trasgressivo, essa ambisce al tempo stesso a mete ben più impegnative e durature nel tempo :
bevitrice di birra
più o men bionda
ma più d'inchiostro
che come malto non finisca
in orzo.
L'immagine della luna che sussurra versi e che appartiene alla più consolidata tradizione letteraria ottocentesca viene totalmente innovata per mezzo dell'allusivo, e decisamente inusuale, accostamento al colore della birra, la quale, in modo altrettatno inusuale, diventa marchio di distinzione in quanto parte di una sorta di rito religioso con il quale chi scrive si fa intermediario tra cielo e terra:
La luna piena stanotte
non sussurra che versi
stanchi a me / stanca in ascolto
bevitrice di birra
più o men bionda
in contrapposizione all'atteggiamento di un immaginario interlocutore, estraneo ai culti poetici, un irreligioso "bevitore di coca-cola", riguardo al quale la Serofilli formula una sintesi folgorante:
la felicità di un foglio bianco
non appaga lo sforzo dell'astemio
Quest'ultimo verso trova corrispondenza, anche per l' intensità espressiva, in quelli di "Sovrasenso":
Crea per te il bianco di un silenzio
ma colmo del più acuto sovrasenso
e circuisci lo spazio che ti pesa
centometrista senza la sua asta
dove lo sforzo creativo viene espresso per mezzo di una similitudine che utilizza con naturalezza un' immagine estranea alla tradizione poetica (centometrista senza la sua asta), e che ancora una volta rievoca lo slancio e la difficoltà di librarsi verso l'alto.
I due volti dell'arte poetica, la dura, tenace fatica e la capacità visionaria, emergono anche dalle immagini e dalle parole di Inchiostro, una lirica la cui calligrafica brevità provoca tra i versi una sorta di cortocircuito a causa della concentrazione estrema delle metafore e dei corrispettivi significati, aventi sempre per oggetto l'attività della scrittura, il suo essere "poiein" (L'aratro ha mietutodistanze impari ), ossia concreta pratica artigiana, e parto astratto dell'intelletto:
è nato inchiostro probabile
per farne capoverso.
Attraverso sequenze elencatorie e al tempo stesso analogiche, dunque, (...acini essenzapane seme mosto ; ...il giusto pane, lievito / impastamento), l'autrice produce continue sovrapposizioni metaforiche, dalle quali le parole acquistano molteplici sovrasensi. L'esito finale non e' pero' quello della dissolvenza dei significati, di un puro soggettivismo degli stessi, ma di una ricostruzione di senso, tanto da approdare alla lirica Indosso arcobaleno, una sorta di testamento dell'autrice a se stessa (Risparmia il verso che corre controvento/ riscopri il senso che nutra di risveglio […] per non rischiare cadute di non senso / falsi richiami a miti desueti.) In essa, l'articolazione tematica del testo e' evidenziata dall'uso di tecniche stilistiche diverse: dalla mescolanza di cenni descrittivi e dati puramente soggettivi della prima parte
E sorride la ragazza in motorino
mentre un rosa / accende la mia voce
se ti dico - Aspettami che arrivo
ai passi di riflessione critica (Ben altra controversia ...) inframezzati da citazioni (...non ti curar di loro) che nei versi della Serofilli assumono, come ho già avuto modo di osservare, la funzione di attivare nel lettore echi e risonanze della tradizione letteraria, per poi accentuare il distacco da questa.
Anche per questo motivo, ossia il convogliare in un unico testo materiali poetici tanto diversi, si produce, ben percepibile fin dalla prima lettura, l'effetto di un amalgama, perfettamente riuscito.
Poesie come queste meriterebbero di essere inserite in una silloge della produzione poetica più significativa di questi anni se solo le grandi case editrici adottassero un libero e spassionato criterio di esame dei testi letterari attualmente esistenti, criterio che gia' Doris Lessing, anni fa, osservava essere diventato monopolio quasi esclusivo dei piccoli editori.
Maria Giovanna Missaggia
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