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Renata Giambene > Teatro
Del lavoro teatrale di Renata Giambene Minghetti L'uomo nudo ancora nella prima stesura, Giuseppe Villaroel nel 1955 scriveva: <<Mi piace: è originale e pensoso. E' strano che tu, così giovane, abbia già tanta esperienza di vita e così poca fiducia nella moralità umana; sebbene l'opera tenti di rieducarla. Mi rallegro: sei rapida di sintesi e di efficace tratteggio>>.
Donatello D'Orazio aveva scritto: << Una donna ha scritto <<questo>> su un motivo, per così dire, perpetuo, trovato con la metafisica e variato con lo spirito della poesia. Non è lieto, ma è grande: cioè, vero e umano rispetto alla verità e alla creatura umana.
Mi piace il dialogo: greve e reale l'ottusità che l'uomo vi mostra ed è meravigliante l'illuminazione spirituale, che nonostante tutto, il medesimo uomo vi opera>>.
L'uomo nudo fu premiato nel 1969, sezione opera inedita, alla VI Edizione Nazionale del <<Lentini>> di teatro, dalla Commissione giudicatrice composta da : Lucio Ridenti, Enrico Bassano, Vittorio Vecchi, Umberto Benedetti, Carlo Maria Pensa, Domenico Dansuso, Rosina Lo Presti.
Nota di lettura di Antonio Spagnuolo de L'uomo nudo di Renata Giambene
La Giambene, che da anni seguiamo per la sua indiscussa presenza nella poesia contemporanea, ci offre un testo teatrale di notevole intervento.
Embrione di romanzo, costituito da una serie di schegge narrative, la vicenda è molto semplice e rapidamente svolta.
Un uomo nudo, che metaforicamente rappresenta quel che noi dovremmo essere, spogliati più che dagli abiti di stoffa, dalle scorie sociali e a-morali che ci costruiamo indosso giorno dopo giorno, e portiamo in giro con tanta falsa disinvoltura, un uomo nudo e solo con il suo caldo e mansueto cane è al centro di una stravagante ed immaginaria storia, la quale volutamente non presenta un tessuto ben preciso o detto.
Sono colloqui ricchi di filosofia e di verità che il protagonista scambia con Ombra ( una donna quasi del tutto nuda e molto vicina a lui per indigenza), ora con un Commendatore (simbolo dell'arrivismo e della sfrenata corsa al potere economico), ora con un gruppo di personaggi malamente conciati da una qualunque delle guerre che hanno o che possono sconquassare il nostro mondo.
Non vi è un tempo, un'ora ben precisa nelle azioni: “Chi non conta le ore è già eterno. Io so che è così. – dice l'uomo nudo – Vedrò morire gli uomini li vedrò seppellire con le loro inutili ore vuote, quelle che ci sono, si sentono e non si sa bene come impegnarle. Io soltanto sono eterno perché il tempo mi appartiene e non sto a vederlo girare tra due lancette”.
Una invisibile giustizia cerca di smascherare quasi tutti i personaggi accampatisi su di una scala a mò di piccole case, ognuno su di uno scalino, secondo la propria bravura o possibilità o furberia, e con il Commendatore al sommo, e l'occasione vien data dall'improvviso crollo dei gradini.
Forse è proprio l'uomo nudo che lascia cadere in macerie la scala, ma ciò non è detto e non è confermato appieno nemmeno dai giudici che lo condannano per questo atto di barbarie. Ma è proprio questo atto demolitivo che ferma improvvisamente ogni personaggio in quella azione umana compiuta senza preoccupazione nel medesimo istante del disastro.
Scopriamo l'adultera, il ladro, l'omicida immobilizzati nella loro dura realtà.
La scrittrice, sicura nella stesura delle immagini, non rinuncia ad una sottintesa dialettica morale, che ben viene sostenuta dal discorso.
Le qualità di fondo, il dialogare, la beffarda ingenuità di una vagheggiata innocenza, l'accettazione razionale di qualcosa impossibile da realizzarsi, sono dei ritocchi personali egregiamente superati, colti con stile raffinato ed asciutto.
All'interno una caratterizzazione ben definita indica l'esito tipicamente specifico della ricerca, qualcosa che sia in grado di impossessarsi del lettore-spettatore ed avviarlo, nei limiti, ad una più onesta consapevolezza di se stesso.
Antonio Spagnuolo
LA NAZIONE Giovedì 10 Luglio 1980
Tagliacarte
L'uomo nudo
Renata Giambene ha pubblicato il suo primo lavoro teatrale – Una sfera di ispirazione felice
Del lavoro teatrale di Renata Giambene Minghetti L'uomo nudo , ancora nella stesura, Giuseppe Villaroel ebbe a scrivere così: <<Mi piace: è originale e pensoso. E' strano che tu, così giovane, abbia già tanta esperienza di vita e così poca fiducia nella moralità umana; sebbene l'opera tenti di rieducarla>>. E Donatello D'Orazio gli faceva eco affermando che: << Una donna ha scritto “questo” su un motivo, per così dire, perpetuo, trovato con la metafisica e variato con lo spirito della poesia. Non è lieto, ma è grande: cioè, vero e umano rispetto alla verità e alla creatura umana>>.
Ora , ai lettori pisani, l'editore Colombo Cursi offre la possibilità – stampando, nella collana <<Ultimo Novecento>>, i tre atti che a loro tempo valsero, all'apprezzata scrittrice concittadina, una significativa affermazione al sesto premio nazionale <<Lentini>> di teatro – di confrontarsi direttamente, e coll'Uomo nudo, e coi lusinghieri giudizi appunto formulati dalla critica a proposito di questo testo.
Nell'allegorica parabola, ambientata prima e dopo <<una guerra immaginaria>>, la Minghetti traduce suggestivamente, attraverso un linguaggio scenico teso, vibrante, essenziale (eppure capace di tenere avvinte attenzione ed emozioni del pubblico), una personalissima <<Weltanschauung>>, incentrata su un insopprimibile vocazione lirica, e su una consolatoria interpretazione della vita individuale e della storia sociale, in termini di salvifico progresso dell'uomo e dell'umanità.
La vicenda dell'Uomo nudo, di volta in volta fannullone, filosofo, ladro, vagabondo, poeta, ma soprattutto essenza stessa dell'umanità (<<la mia innocenza è nell'essere indifeso, un uomo nudo pronto a offrire e a raccogliere; ma anche pronto ad essere cancellato con un gesto, da una parola>>, si presenta ad un certo punto il protagonista del lavoro; e un altro emblematico personaggio, Ombra, <<la donna poco vestita>>, dirà di lui verso la fine: <<non era un uomo diverso da noi; ma sapeva di essere un uomo nudo. Il suo valore era fatto di conoscenza… L'Uomo nudo è in ognuno di noi, nelle nostre coscienze, nelle nostre voci, nei nostri gesti. Fate che parli che sia ascoltato>>), si snoda con coerenza stilistica e tematica fino all'inattesa conclusione, quando il pathos che sottende costantemente il testo trova modo di sciogliere, nell'immediatezza dell'ispirazione drammatica, anche i vaghi residui filosoficheggianti qua e là presenti nei dialoghi, e ai quali non deve riconoscersi estranea la possente lezione intellettuale del teatro pirandelliano.
Una prova infine, quest'Uomo nudo edito da Cursi, che se conferma appieno la validità artistica di Renata Giambene Minghetti, suscita qualche rimpianto in chi constati come la poetessa pisana abbia in seguito privilegiato altre forme di creatività, a vantaggio, per così dire, di una sfera di ispirazione annunciantesi invece per niente meno felice o secondaria.
L'uomo nudo (Colombo Cursi editore - Pisa – 1980) di Renata Giambene Minghetti
L'opera teatrale meritò un premio nel 1969 ed ampi consensi.
Nella presentazione dei 18 personaggi l'uomo nudo è il primo della lista, è lui (il più vestito di saggezza) a dare un soffio di bontà prestigiosa alla atmosfera di ambiguità nel dedalo delle circostanze innestate da sempre nella storia: intreccio di condizioni sociali e di opinioni, rigida demarcazione fra “buoni" e "cattivi", sfruttamento dell'uomo sull'uomo, comparsa della guerra a larghe dimensioni fra gli uomini già combattivi nella lotta fraterna di ogni giorno, atteggiamenti legalistici di chi non sa vedere al fondo dei fatti e delle coscienze.
Nella vicenda dell'uomo nudo la "saggezza” finisce nella disfatta - gloria del martire fulminato da una raffica di mitra. La riabilitazione - gloria si fa strada nell'opinione pubblica appena questa viene messa al corrente da una mondana sulla genuinità dei sentimenti e dei comportamenti, sulla semplicità e ricchezza di uno spirito alimentato da ideali purissimi capaci di illuminare l'”Ombra", la donna di strada, l'informatrice appunto.
All'Autrice va riconosciuto un penetrante spirito di indagine sorretto da consapevolezza nell'appassionarsi alla storia per migliorarla, un conato positivo meritevole anche sulla base del linguaggio vivo e accattivante.
Federico Hoefer