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Umberto Piersanti

Ospiti di Valeria Serofilli

Per un’introduzione alla poesia di Umberto Piersanti. Qualche nota*


È caratteristica evidente della poesia di Umberto Piersanti e segnatamente della raccolta L’albero delle nebbie (2008) l’esuberanza naturistico-descrittiva, secondo che il lettore può verificare ad apertura di libro:

Ma non è nebbia
questa, di stamane,
di sabbia rossa intrisa
dei deserti, soffice
che ristagna alle finestre
e vela il pino e il noce
ma non spegne
la sassifraga rossa,
la pianta che s’accende
solo ai geli
no, non scivola tra l’erbe
e sale al tronco
lo scoiattolo nero del gennaio,
sceso da altri spazi,
da altri giorni,
nel domestico parco della casa (
Animali, vv.1-16)

L’universo naturale-animale è reso con estrema precisione denominativa da un poeta forse memore della lezione di Giovanni Pascoli; il rigore designativo si accompagna spesso nella sua pagina all’idiotismo linguistico:

S’addensano le vespe
su quell’uva dagli acini
fitti, pcini, pcini,
ma nel filare sopra
la bersigana splende rossa
e gonfia, la staccano le donne…(
Fuga, vv.1-6);

Ma Romolo e la Pina
i due burdelli …(
Lo spavento, vv.25-26);

La burburana soffia
forte, più forte
che alle Cesane o sul Carpegna
(In un tempo remoto, vv.11-13);

E t’ha raccolto,
messo sulla treggia
il boccia di Che’ Ciarle
ch’è sempre in giro,
a fregare la legna
nelle macchie,
a riempire le balle
di noci e di ulàni
e steso sulla treggia
come un cristo
col sangue che t’intride
anche i capelli (
Lo scoppio, vv.20-31).

Ritengo che tale peculiarità linguistico-espressiva sia funzionale nella poetica dell’autore alla centralità del motivo delle origini, delle radici (“Ah, la mia razza/ intrisa d’erbe e di foglie, / radicata alla terra/ come la casa, / resta soltanto un muro/ spersa nel fosso”, Familiare, vv.21-26); ma a una considerazione più diffusamente analitica dei testi il sistematico riferimento al dato naturale, botanico e zoologico si rivela principio strutturale-organizzativo del discorso poetico, decisivo spunto aggregativo e –in forza di una strategia di studiati addensamenti metaforici – un collettore potente dei temi fondamentali, focalizzati attraverso una serie di intense situazioni sentimentale-esistenziali.
Penso più specificamente ai motivi del
ricordo (“Ma quel fiore/ azzurro più dell’aria/ non lo scompiglia il vento/ o lo dissolve, / il suo stelo confitto/ lì tra l’erbe/ è memoria incarnata/ nella terra”, I fiordalisi, vv.64-71), della solitudine (“Tu della macchia godi/ e di quel cielo,/ ma gli altri sono altrove,/ tu sei solo”, Tra presepi e campi, vv.86-89), della raccolta intimità, dell’amore, del pericolo (v. la memoria di taluni episodî di guerra: “Fugge il ragazzo biondo/ getta il fucile,/ s’afferra alle ginestre,/ s’afferra ai rovi,/scortica volto e mani,/ butta sangue,/quelli coi turbanti/ gli sono dietro,/ tremola la sua vita/ come la lepre/ stanata dai cani alla piantata”, Lo spavento, vv.33-43), della sofferenza (“Soffrono i favagelli/ sotto la terra,/ premono contro il gelo/ che li rinserra,/ sembra l’inverno eterno ( ) Così l’anima attende primavera/ sepolta sotto il gelo/ dei dolori”, Soffrono i favagelli, vv.1-5 e 15-17), fino alla splendida evocazione simbologica dei versi compresi nella lirica Nell’altipiano:

A chi nasce spetta
spezzare la dura, gelata
crosta della terra,
sempre si viene fuori
al mondo al freddo
e al gelo,
in una primavera che tarda,
stenta e desolata,
il seme che abbandona
la sua tiepida nicchia
sotto la terra (vv.21-31)

Si sa che è propria della ricerca poetica l’ampia libertà dinanzi alle strutture linguistiche abituali, incardinate sui valori semantici di base, ovvî, ma anche generici e scontati nella loro valenza denotativa; il linguaggio lirico afferma e qualifica se stesso per le sue potenzialità di differenziazione qualitativa, per il suo proposito di scarto, di significazione super-semantica e connotativa a fronte del comune livello della lingua: la sua è una libertà di armonie ritmico-musicali, di formalizzazione retorico-figurale, di correlazioni nuove e intense di immagini, di originale associazione sintagmatica, come nel caso dell’incisivo, efficace reticolo aggettivale che si apprezza nei versi della poesia intitolata Muschio d’inverno:

C’erano tutti allora,
i nomi del presepio
e caldi come il brodo
così chiaro e stellato
solo a Natale,
e mio padre Giuseppe,
magro e assorto,
mia madre con quel nome
immenso e breve…

La madre dell’autore si chiamava Maria, nome “breve” e comune eppur felicemente caratterizzato nella ricchezza della sua eco culturale ed etico-affettiva.
In un noto passo della
Critica del giudizio (1790) Immanuel Kant riconosceva la particolarità elaborativa e comunicativa della poesia nella sua disposizione intrinseca a “eseguire un libero gioco dell’immaginazione come un impegno dell’intelletto”, sottolineando con grande lucidità puntualizzatrice gli aspetti essenziali dell’attività artistico-letteraria, frutto di autonomia ludico-immaginativa, ma altresì di disciplina tecnico-espressiva e di rigore nella costruzione intellettuale.
Al proposito direi che nei testi di Umberto Piersanti la concentrazione lirica appare rivolta alla definizione sofferta di una concezione del mondo:

Al tempo che disperde
e ci addolora,
che ha distrutto la casa
in fondo al fosso,
chiedo una sosta,
una vicenda chiara
che ci conforti
l’
amore faticoso della vita
Arianna, siano nulli
o brevi i tuoi abbandoni,
i tuoi risvegli sempre luminosi (
Ad Arianna, per il suo primo mese di vita, vv.24-34)

Il corsivo nel testo è mio e intende rilevare la pregnanza di un sintagma presente anche in altre poesie, arrivando a dare il titolo a un componimento della sezione dedicata al figlio Jacopo.
L’ “amore faticoso” di Piersanti non è “della vita il doloroso amore” del verso conclusivo di
Ulisse di Saba; è espressione meno polarizzata e non ossimorica, ma ugualmente profonda e significativa di quanto la forza dei sentimenti e la consapevolezza razionale rendano sovente dura e logorante l’esistenza agli uomini che nondimeno un vivo rapporto d’amore lega ogni giorno alla vita.
Floriano Romboli

*Questo è il testo lievemente adattato della breve comunicazione introduttiva all’opera poetica di Umberto Piersanti fatta nell’Aula Magna Storica dell’Università di Pisa il 16 aprile 2011, in occasione della Cerimonia di premiazione della Quarta edizione del Premio Nazionale di Poesia “Astrolabio” presieduto dalla professoressa Valeria Serofilli. Ho conservato alla scrittura le caratteristiche originarie dell’intervento orale, visti l’attenzione e l’interesse suscitati nel folto pubblico presente.


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