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Lettere aperte all'Autrice
Cara Valeria,
di tuo, conoscevo soltanto Acini d'Anima, con cui hai anche partecipato lo scorso anno al Premio di “Vecchiano”, un volumetto di versi, che ho apprezzato, e che nella dedica alla mia persona già racchiude in “breve” una delle componenti della Tua Poetica: “versi dolci-amari” li hai definiti – e l'amarezza e la dolcezza costituiscono la base della tua ispirazione poetica, che finirà, poi, per affermarsi come gioia del vivere per la poesia , nella poesia.
Uno sviluppo (ora che ho letto le tue opere successive Comete per la coda e Tela di Erato) verso una concezione più complessa della poesia e della Poetica: evidente il nodo dialettico tra la realtà dell'effimero, del provvisorio e l'autentica realtà che è l'universo poetico, il sogno, la favola del mondo.
Il tutto espresso in una FORMA personale, che non si rifà a scuole o a movimenti estetici, ma è originale e fenomenica weltanschauung, e, di contro, e pure legato ad essa, il SOPRAMONDO noumenico della Poesia.
Mi piace ricordare che il prof. Antonio Russi, Maestro di Estetica nella nostra Università, ha scritto della poetessa parmense-pisana: “un'ispirazione poetica sincera, sciolta ed autentica nelle FORME”.
E' proprio così: Una poesia schietta, dell'anima, una poesia ritmata, sovente in rima, con uno stile personalissimo, che si avvale dell'ironia pungente verso le brutture delle situazioni esistenziali del “quotidiano”, per evidenziarne l'evanescenza, la transitorietà, lo stile venato di un sottile umorismo con una funzione essenzialmente sentenziosa nei confronti del mondo circostante: “Ridendo castigat mores” – Il tuo “INFINITO”, cara Valeria, dei cieli del sogno, della favola, della poesia, si scontra con la caducità e la scialbatura della così detta realtà in cui viviamo ed operiamo.
Il linguaggio è essenziale, accuratamente limato, simbolico, ricco di metafore e di sinestesie, con alle spalle tutto il retroterra culturale della SEROFILLI esperta di STORIA DELL'ARTE dalla sensibilità acuta e raffinata, come avvertiamo specialmente in Tela di Eràto, dove la Poesia si sposa con la Pittura (“ut pictura poesis”), e della SEROFILLI docente di letteratura e studiosa dei problemi pedagogici-psicologici legati alla prima infanzia.
Ma la scoperta più eclatante, per me, del Suo Universo creativo è stato il libro I Gigli di Nola, la tesi di laurea della SEROFILLI studentessa all'Università di Pisa, scelta e pubblicata dal “Rotary Club di NOLA-POMIGLIANO D'ARCO, in occasione della Festa dei Gigli. Un lavoro impegnativo di appassionata ricerca, che mette in luce i valori folkloristici e religiosi della tradizionale festa nolana. Così commenta Aniello Montano, del Rotary Club di Nola, l'interessante Tesi di Valeria; “Ella accoglie e corrobora con osservazioni acute e fondate la tesi di quanti ritengono la festa, nella sua struttura attuale, un frutto maturo di un lungo lavoro di adattamento e di compenetrazione di elementi magico-iniziatici di provenienza pagana e di elementi culturali di provenienza cristiana…. Ampio documentato, scritto in una prosa agile e scorrevole, frutto di ripensamento e di osservazioni personali, il libro si lascia leggere con grande piacere ed apporta un apprezzabile contributo alla folta letteratura su Nola e sulla sua ultramillenaria festa dei Gigli”.
Ma penso sia giunto il momento di soffermarmi su alcune liriche di Tela di Eràto e di Comete per la coda, a volo d'uccello, perché questa non è e non vuole essere una recensione sulla tua Poesia, ma solo un flash per indicare certi motivi-chiave (da Tela di Eràto a Comete per la coda, sottolineando, pure, qualche poesia da Acini d'Anima), che abbiano un medesimo filo conduttore che rientri nel “pensiero poetico” dell'Autrice, nella sua poiesis, equilibrata, come si è già detto, tra favola e concretezza, tra fenomenico mondo “reale” e Sopramondo (autentica realtà) del sogno, della Poesia.
E cito subito “SCACCHIERA” che compare con questo titolo il Acini d'Anima e in Tela di Eràto come sottotitolo della poesia “UOMO”, con l'intendimento di trasmettere un Messaggio pressoché eguale:
Nel pazzo quadrato bianco-nero della vita, ci muoviamo, pedine manovrate da “troppi fili che t'imbriglian”, ma quando “nel varco del quadrato/gettiamo il ponte delle nostre membra/ecco irrompere nella pista lo “scacco”, lo scacco matto, che può “mandare tutto a buon fine”. E' l'antitesi tra la sofferenza e il buio dell'esistere e la luce della speranza che ci illumina “sfruttando il senso / del pipistrello”. Una antitesi espressa con la consueta ironia e piacevole humour, che ci confermano ancora la tensione della poetessa tra il pessimismo della materiale contingenza e l'ottimismo dell'Assoluto della creatività artistica. E' ciò che Elena Celso Chetoni ha puntualizzato nella sua presentazione, a Pisa, di Acini d'Anima, e che qui voglio riportare: “La vita per Valeria è anche fluttuante nel male della sofferenza, ma non è da queste soffocata…” e così “l'ironia e un buon umorismo ci concedono il senso ottimistico che ella ha della vita, anche se non vuole farlo apparire”.E, sempre a proposito di “ironia” e di “umorismo”, come non citare, da Comete per la coda "Il tempo", protagonista il “sorcetto” che di nascosto dà un morso al formaggio. E i buchi del groviera, da otto diventano nove, e, sapendo di aver sbagliato, fugge svelto. Così – prosegue la poesia – non è il Tempo della nostra vita, che “va più lento, ti corrode e ti scava dentro” e “non ti chiede scusa come il ratto / con il baffo che ancor sa di formaggio”.
E' la metafora della nostra esistenza, che, sovente, nelle produzioni letterarie di Valeria, si presenta in una FORMA blanda, quasi per attenuare i colori grigi, cupi del nostro vivere terreno.
La tua certezza, il vero mondo, cara amica, è quello – non si ripeterà mai abbastanza – scritto sulle pagine di un libro di poesia o raffigurato sulle tele di un pittore.
In questa Tela di Eràto della forza inventiva dell'artista, incedono le nove Muse: Clio, Tersicore, Euterpe, Urania, Talia, Polimnia, Calliope, Melpomene e, infine, Eràto “colei a dar titolo ai fogli / che primi spersi / in volume ho raccolti”.
E' il trionfo della POIESIS dell'uomo sulla fragilità e sulla pochezza della sua passeggiata terrena, in attesa della morte.
Sta, appunto, nella POIESIS, in questo momento creativo dello spirito, la VERITA' tanto cercata dall'uomo: “Non omnis moriar”. La poesia “barlume che ti vela/la realtà, poi la disvela/e come luccichio di cera, LUCE LEVA e poi / RIVELA”.
Sul mondo poetico e sul pensiero della Serofilli ci sarebbe da scrivere una lunga dissertazione. Ma qui mi fermo, ripromettendomi, in una prossima lettera, di soffermarmi sulle belle liriche di Tela di Eràto associate ad un'opera pittorica. Un inno alla gioia della vita autentica, i cui colori sono i medesimi dei quadri dipinti dall'uomo; la battaglia di sofferenza, vinta dall'AMORE per il SOGNO, per l'ARTE, per LA POESIA, e per i TRE uomini della sua vita: il marito, il figlio Daniele, il padre.
E voglio chiudere la mia missiva, cara Valeria, proprio con la citazione dei versi finali della lirica, tratta da Acini d'Anima, da te intitolata “MIO PADRE”, dove le componenti fondamentali della TUA POETICA, e cioè il pensiero poetico e filosofico, l'amore, la rappresentazione cromatica e l'ironia, formano un TUTT'UNO:
“Mio padre
credevo fosse guscio
invece è uovo,
di quello giallo-arancio
al tegamino,
o a Pasqua da scartare
perché di cioccolata
e con sorpresa!”
Rallegramenti, cara Valeria, e…a presto
Carlo Giuseppe Lapusata