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Paola Lucarini, Alla vita, Edizioni Masso delle Fate,Signa (Fi) 2007.

Saggi e note critiche di Valeria Serofilli

TRA LIMITATEZZA E INFINITO
L’ANELITO VITALE DI PAOLA LUCARINI
Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume
Alla vita (Masso delle Fate edizioni, Signa, Firenze, 2007) di Paola Lucarini.

Un vero inno alla vita la raccolta che Paola Lucarini ha recentemente pubblicato per i tipi di “Maso delle Fate” di Firenze.
Coerenza stilistica e soprattutto di ricerca sofferta, come giustamente osserva Mario Luzi in un suo intervento critico, riportato anche nella post-fazione al volume, in cui il grande poeta individua nelle liriche dell’autrice un <<combattimento tra il tutto e il nulla>>.
Il verso ora più disteso ora più secco e frammentario, a tratti severo ma anche acceso da scoppi lirici (<<Le stelle brividavano / all’azzurrità pallente / ultimi fuochi alla chiarìa del giorno>>, p. 61), riflette esperienze, umori, incontri sul cammino della vita.
Una vita che <<si eredita sulla foresta del dolore>> (p. 17), per citare i versi dell’autrice.
Ma c’è un fil rouge, un legame, temi e spunti comuni, mete costantemente anelate durante l’intero percorso espressivo ed umano. Le più profonde questioni, gli interrogativi di fondo sull’essere, sull’esistere, sul senso del tragitto umano, il rapporto con qualcosa che vada oltre il misero e mirabile contingente, si sovrappongono a osservazioni quotidiane, all’elenco degli oggetti concreti la cui presenza riflette e quasi paradossalmente testimonia, per analogia e per contrasto, la limitatezza e l’infinito, la forza e la fragilità della vita e dei giorni. Ed è appunto
alla vita, come testimonia il titolo della raccolta di liriche selezionate da ben sette volumi dell’autrice e da altre raccolte tuttora inedite, che Paola Lucarini indirizza la sua voce ed il suo canto. Con rispetto, a volte timore, ma sempre, nel profondo, con amore.
E dato che <<la vita, senza una meta, è un vagabondaggio>> (Seneca,
Lettere a Lucilio, 95, 46), la Lucarini ci indica la propria meta, quella vivida e fervida della poesia, la sola in grado di “incidere la vita con lame che non versino sangue” (p. 54).
L’ambita ricerca di questa meta è resa possibile da quella stessa complessità dell’esistenza, da quell’intricatezza non di rado ardua, che tuttavia è anche ricchezza che trova senso e sbocco proprio nell’anelito. In una lirica che <<s’inazzurra nell’aria, vira / e riluce fra l’ombre>> (p. 51).
Per dirla ancora con Luzi, in quel ponte sospeso <<(…) tra l’esuberanza trascendentale del significato e l’insignificanza, che si sviluppa e si consuma all’interno delle parole della poesia”.



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