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Mario Mancini, Ore vaghe della fantasia, Edizioni Masso delle Fate, Signa (Fi) 2007.

Saggi e note critiche di Valeria Serofilli

LA POESIA DI MARIO MANCINI TRA SOGNO, ESPLORAZIONE E RICERCA.

Nota di lettura di Valeria Serofilli al testo di Mario Mancini
Ore vaghe della fantasia, ed. Masso delle Fate, Signa (FI) 2007.

Verso l’altrove di sogno si dirige la poesia di Mario Mancini e verso una potenziale felicità; ma poi fatalmente c’è la pena del ritorno, come Ulisse, meta e condanna. Un primo riscontro di tale bivalenza si trova già nell’immagine di copertina la cui sensuale freschezza è contrastata poi dal contenuto di varie liriche in particolare “La gardenia blu”, “La piccola rosa bianca”, “Continuò ad amarla”, in cui la speranza e l’amore è annullato da un atto di violenza compiuto da un non meglio definito
branco.

La scrittura si colloca tra due estremi opposti, la fantasia di cui parla il titolo e dal lato opposto i pensieri e le riflessioni personali, i ricordi amari e l’aspra consapevolezza della realtà.
Dopo la fantasia c’è la ragione; dopo il volo il ritorno a terra, ai sentieri familiari del dolore. Ma nella conciliazione di questi due estremi contrapposti si trova il senso, la coordinata privilegiata della poesia, il punto di incontro tra le rette che si incrociano eternamente nell’animo del poeta: la sete di fuga e il bisogno del comprendere o almeno di cercare un significato possibile agli eventi vissuti o semplicemente sognati.
E’ nel campo semantico dell’onirico che si colloca l’immagine ricorrente delle
stelle, che “mute” ma “in festa”, “ascoltano distratte i sogni complicati degli uomini” e l’assillante domanda del vecchio pescatore su cosa sia la vita.
L’immagine del pescatore ci introduce al
tema del mare il cui moto si riflette nel tono e nel ritmo delle liriche “Mare nero” e “Vento fastidioso”.
L’incresparsi delle onde e della superficie marina è congruo anche all’aspirazione propria dell’autore di scavare nel proprio destino andando oltre la superficie sperando in tal modo di riuscire ad armonizzare conciliando tramite la parola, l’urgenza della fuga e l’anelito profondamente umano di guardarsi dentro.




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