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Lettere aperte all'Autrice
COMMENTO AI TESTI DI VALERIA SEROFILLI
Dei tanti, tantissimi scrittori di versi che affollano sia le pagine a stampa che quelle elettroniche, in una sinfonia vastissima e frastornante di voci, i versi di Valeria Serofilli ricordano il suono di un diapason che fissi la misura, il "senso del verso", per l'appunto, ossia la sua ragion d'essere e, per cosi' dire, la direzione del suo moto, ossia i punti cardinali verso cui risulti oggi possibile orientare la ricerca poetica.
Questo carattere ragionativo-inquisitorio emerge dalla tessitura dei testi che si fonda sul rincorrersi di sempre nuove, e via, via piu' articolate definizioni dello spunto di origine, come un ampliarsi della riflessione poetica per mezzo di successive puntualizzazioni, sfaccettature, approfondimenti su un tema d'avvio, secondo una struttura a cerchi concentrici (e non a caso una tra le piu' belle liriche della Serofilli, che da' il nome ad una intera raccolta, si intitola Chiedo i cerchi).
Ma questa sorta di accanimento definitorio non si esprime per mezzo di un linguaggio geometrico e lineare, bensi' sceglie la forma piu' difficile e improbabile per svolgere un ragionamento, ossia quella dei legami analogici tra la realta' che si vuol descrivere ed una serie di immagini che si sviluppano in successione e scaturiscono l'una dall'altra, secondo una strutture a climax.. E' come se il "senso del verso" si sdoppiasse: da un lato l'indagine ragionativa, dall'altro una creazione ininterrotta e multiforme di piani della realta' ognuno dei quali riflette l'oggetto indagato, lo trasforma e ne sugerisce nuovi potenziali signficati.
In questo senso l'inserzione dei richiami piu' o meno espliciti a Montale che la stessa autrice segnala (Fili di carrucola dipanano/ strane circostanze, Resoconto) mi sembra abbia una funzione ben diversa da quella dell'usuale ammiccamento letterario, o di un senhal posto ad esprimere il proprio debito intellettuale verso un modello poetico: e' invece uno specchio aggiuntivo, sovrapposto ai molti altri creati dall'autrice, e che, come gli altri, riflette l'idea o l'immagine che e' al centro della ricerca, ed in parte la spiega, in parte la deforma, rendendo necessario un nuovo tentativo di definirla. Questo, credo, spieghi anche i rimandi interni ai testi della stessa autrice che e' possibile trovare nelle sue raccolte poetiche.
Quanto alle analogie cui e' affidato il compito di estrinsecare la vera sostanza delle nostre esperienze, esse hanno la natura rutilante, la musicalita' sonora e la capacita' di ramificarsi ininterrottamente che hanno gli slittamenti analogici della poesia barocca. Sebbene il Barocco non costituisca uno dei riferimenti intenzionali di Valeria Serofilli, e' innegabile che esso sia un tratto connaturato alla sua sensibilita', come dimostra la struttura dei suoi testi nei quali uno stesso dato della realta' subisce continue metamorfosi per mezzo di successive metafore, ognuna delle quali sembra essere quella che definitivamente imprigiona l'essenza stessa della cosa descritta, mentre e' solo un nuovo punto di avvio da cui si dipartono altre trasfigurazioni ("Nata appena / come d'uva il mosto/ Appena sorta / com'alba da tramonto /Schiusa / pistillo da corolla:/ liquida / com'acqua di sorgente", Ebbra). Barocco e' anche un ulteriore elemento che caratterizza i versi della Serofilli e che non saprei come definire se non come una sorta di sensuale esuberanza verbale: sequenze allitteranti e paronomasie producono echi e risonanze interne che complicano ed arricchiscono i suoni fino a riprodurre sul piano della musicalita' l'intensita' delle sensazioni descritte ("Col vivere si versa / al vivere un acconto/ ma sempre infine ti si riversa il conto/ in scomodo ritardo, prolisso contrattempo"; "quel tuo darsi - strano a dirsi - in fogli sparsi/ aspersi di consenso, di non detto. /Discorsi - quanti, (ricordi?) - sui corsi e sui ricorsi", Resoconto).
Significativa, infine, e' la naturalezza con cui all'interno di questi accorgimenti tecnici viene accolta una sostanza umana viva e bruciante: Resoconto e' il solitario colloquio con un maestro scomparso, ma e' anche il dialogo, colto con straordinaria immediatezza, che ogni uomo ha con se stesso ("ricordi a branchi / brancolano il buio/ ed io qui in attesa di dire / cosa? -"; "Discorsi - quanti, (ricordi?) - sui corsi e sui ricorsi/ il pessimismo / bicchiere mezzo vuoto/ l'ottimismo, se è bicchiere mezzo pieno/ l'altra metà è fine del sentiero).
Maria Giovanna Missaggia
Pisa, 19 Febbraio 2010
Lo storico Caffe' dell'Ussero ritrova la propria tradizione letteraria.
Nello storico palazzo Agostini, menzionato in documenti e cronache del Quattrocento, ha sede sul Lungarno Pacinotti a Pisa, il Caffe' dell'Ussero, che a sua volta ha fatto da sfondo ad avvenimenti culturali storici, come il primo Congresso Italiano degli Scienziati nel 1839, fino a diventare esso stesso oggetto di opere letterarie, come le Memorie di Pisa di Giuseppe Giusti, uno dei tanti scrittori dell'Ottocento, come del secolo successivo, che fecero di questo caffe' il proprio luogo di incontro e di discussione.
Questa tradizione di cenacoli letterari, interrottasi da molti anni, costituisce una consuetudine sociale e culturale che e' ben difficile far rivivere ai nostri giorni per una infinita' di ragioni che spaziano da quelle storiche, che rendono l'epoca attuale poco incline ad accogliere spazi di riflessione sulla letteratura al di fuori del circuito accademico, a quelle pratiche, in quanto l'organizzazione di simili iniziative richiede un lavoro indefesso che puo' essere sostenuto solo da chi viva l'interesse letterario piu' come una religione che come un lavoro o una passione.
Per tutti questi motivi, personalmente mi e' sempre accaduto di guardare con viva speranza, ma con disincanto, alle iniziative di tal genere, all'incirca come un appassionato di volo potrebbe osservare il restauro di velivoli da collezione senza alcuna convinzione che poi decollino davvero.
E' stato dunque un vivissimo piacere, ed una sorpresa, constatare come Valeria Serofilli, scrittrice e membro della giuria del premio Viareggio, sia riuscita, al contrario, a ridare vita e slancio agli incontri letterari che si tengono al venerdi al Caffe' dell'Ussero, conferendo loro nuova forma e diversa articolazione rispetto ai cenacoli letterari di un tempo, e proprio per questo riuscendo a renderli non tanto espressione delle sue notevoli capacita' di organizzatrice, ma quasi un'esigenza spontanea di gruppi diversi ed eterogenei di persone appassionate di letteratura.
Caratteristica davvero significativa dell'iniziativa della Serofilli e' infatti il carattere inclusivo, e non esclusivo, come ogni vero circolo culturale dovrebbe essere, intendendosi per "carattere inclusivo" non la tendenza ad accogliere qualsiasi materiale letterario, quanto la capacita', piuttosto infrequente nel panorama della cultura italiana, di coinvolgere in uno stesso ambiente autori diversi, alcuni gia' ben introdotti nel panorama editoriale e noti al vasto pubblico, cosi' come altri appena esordienti o per i quali l'esperienza letteraria costituisce una sorta di excursus nella propria esperienza sia professionale che esistenziale.
Preziosi risultano inoltre gli interventi di Ivano Mugnaini, scrittore ben noto alla critica, la cui discrezione e disponibilita' all'ascolto fanno si' che le sue osservazioni, molto lucide ma sempre benevole, svolte alla fine di ogni incontro, fungano da sintesi e delucidazione dei temi di volta, in volta trattati o dei quesiti sollevati dal pubblico.
Il saper legare insieme questi contributi diversi, ma non disparati, eterogenei, ma accomunati tutti dalla metodica ricerca del rigore, cosi' come il saper creare un clima di libera discussione, privo di inutili sussieghi ma fervido e appassionato, senza mai toccare i toni della polemica personalistica, devono indurre non solo a un pubblico riconoscimento di merito ma anche ad un caloroso ringraziamento a Valeria Serofilli.
Maria Giovanna Missaggia