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Roberto Mosi, Itinera, Edizioni Masso delle Fate, Signa (Fi) 2007.

Saggi e note critiche di Valeria Serofilli

IL POETICO, ONIRICO, SIMBOLICO E AFFABULATORIO VIAGGIO DI MOSI
Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume di Roberto Mosi
Itinera, Masso delle Fate Edizioni, Signa (Firenze), 2007.

Non è un caso che sia proprio l’aquila, regina del cielo, uccello solare ed animale iniziatore, ad aprire la raccolta poetica di Roberto Mosi. E qui sono addirittura quattro le aquile che si librano nel cielo per intraprendere il volo fra passato e presente, pur se con ali di terracotta ed erose dal vento e dal tempo.
Principalmente cinque le tematiche che scandiscono l’
Itinera di Mosi: la partenza, il viaggio, il mare, il ricordo dei viaggi intrapresi e gli incontri fatti.
Il tema centrale è tuttavia quello del
viaggio-volo, scandito in tappe che corrispondono alle prove iniziatiche del percorso come crescita spirituale.
Tale
viaggio-ricerca converge intorno al tema della conoscenza e attinge alla “dispensa delle fate” in quanto affonda le radici nell’infanzia e nei sogni dell’autore.
Un Mosi bambino che sognava con Enea, Ulisse, Dante, Nicola Flamel, Salgari, con un occhio rivolto al “Principe d’Oriente” negli
Atti di Tommaso.
Ulisse, Sandokan e il vichingo Erik il Rosso per mano in un’affabulazione in cui l’io lirico abbatte ogni barriera spazio-temporale: <<Il racconto infinito si confonde / con i miti, le scoperte di Ulisse, / le spedizioni nel Bengala e all’isola / di Mompracem (…)>>.
Un
viaggio-peregrinazione che prende le mosse dall’infanzia dell’autore, ma che grazie al poieo diviene voce universale in cui raccogliere <<(…) i dolori del mondo (…), le speranze del mondo>>.
L’autobiografismo è dichiarato fin dall’inciso in calce al volume, tratto dalla lirica “La Corte”: <<I viaggi di ogni tempo iniziano dalla corte della mia infanzia>>.

Da studioso del paesaggio quale è, Mosi guida il lettore in un percorso che dalle origini (“Quattro aquile”) ci conduce nei luoghi di villeggiatura della Toscana quali il litorale Versiliese (“La casa dei pinoli”), il lungomare di Livorno, fino al promontorio di Piombino (“La città nave”).
Come sottolinea l’autore stesso nelle Note al testo, le poesie “Coppe di cristallo”, “Oasi di montagna”, “La città luna”, “La città dispensa” e “Petra”, sono generate dal nostalgico ricordo dei viaggi nel deserto del Sahara e nel vicino Oriente.
Dall’esperienza dei viaggi nell’Italia del Sud nascono invece “Di primo mattino”, “Il silenzio dei paesi”, “Esili ponti” e “Le stelle del sud”. E ancora, col pensiero rivolto al Nord d’Europa, Masi scrive “Canti del Nord”, “Navi vichinghe” e “Copenhaghen”, che conclude la raccolta.
Ma l’ombelico del mondo dell’autore, il centro prediletto del viaggio, resta Firenze, “Città cupola”, la Firenze di pietra più antica ove scrivere <<versi / su strisce di tutti i colori / arrotolate negli scaffali>> (“La bottega del poeta”).




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