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Saggi e note critiche di Valeria Serofilli
Renata Giambene, nata a Lucca, ha vissuto a Pisa, dove è venuta a mancare nel 2004. Scrittrice, poeta e critico letterario molto apprezzato in Italia, ha pubblicato numerose opere di narrativa, di saggistica e di teatro, con le quali ha vinto prestigiosi premi letterari.
Le sue poesie sono pubblicate in varie antologie e tradotte in varie lingue. Della sua attività letteraria si sono occupati importanti critici letterari italiani ed esteri.
Instancabile operatrice culturale, ha fondato i premi letterari nazionali Astrolabio, Pisa, Le Regioni, Ultimo Novecento ed il Premio Internazionale Europa. Ha inoltre creato il gruppo artistico letterario La Soffitta, il Gruppo Internazionale di Lettura e la Libera Accademia Galileo Galilei. In questo volume l'autrice ha racchiuso poesie tratte dai volumi che ha pubblicato durante il suo lungo percorso letterario, uno scrigno prezioso che custodisce la sintesi di una voce fra le più originali del nostro tempo.
PICCOLO CUORE DI PAESE
( Vendemmiale )
Filari le ragazze,
ai petti d'uva reggono le ceste
che mesceranno vino nei bicchieri.
Sfiora il tramonto un bacio sui capelli
di vento rosa e al piede par che un'ala
spazzi piume di polvere la strada.
Dal fiume, con le gonne sui ginocchi,
passano lente, in fila, le ragazze
bilicando fra i sassi: un canto, un riso,
il richiamo amoroso da un'altura
che le ondeggia sull'acqua, gonfi steli.
Ma quale passo uguale e antico torna
che sbocca dal paese una brigata
d'irrequieti fanciulli, quasi aneli,
il troppo lungo giorno di fatica,
tra le case di pietra una risata?
L'urto improvviso delle mani leste
ingrappolate stelle i chicchi un cielo
spande nell'aria e par che si ridesti
la prima voce, Dio, di quella sagra
che liberati mondi pigna infranse
a colorar d'umano mosto vivo.
Una lucerna appendi, sera. L'aia,
morbida pista della luna, attende
un fiato di promesse; l'orchestrina
ripeterà la musica dei padri.
PER LA FESTA DELLA MIETITURA
Sgombro acquario di nuvole, stellato
riflesso a fior di palpebre socchiuse:
scoppiano melograni le fanciulle
riverse in letti d'erba, lievi gonne.
Cova notte di luna stordimento
la fatica dimessa delle falci
che fischiarono giallo a mietitura
giorno a reni piegate, la calura
sulle bocche promesse si distoglie.
Carezza il seme un mulinello d'aria
che la spiga ondulò prima del taglio.
Ieri a battere il grano si sentiva
vapore caldo d'ansia, evento atteso
con la mano a visiera in lungo tempo
le donnette accigliate in faccio al Santo
barattavano preci per la grazia
di salvare il raccolto dal flagello.
Oggi sono al risveglio fatte pigre
nell'indugio allo specchio che rinfiora
di lontane stagioni la memoria
in quel filo di paglia tra i capelli.
Il paese che gonfia nel panciotto
porta un fiore all'occhiello del balcone:
verranno le ragazze in processione
odorando di spiga maturata
con un voto d'argento appeso al cuore
per l'orgoglio dei maschi sul piazzale
che giocano alla <<morra>> e fanno il fiasco.
Sul baraccone della festa a notte
s'innesta già lo sparo che distoglie
nell'aria di colombe le campane.
MATURATA VENDEMMIA
Presentimento questo lungo giorno
di gesti che ritornano a infiorarsi
di noi soltanto uniti nella scorza
incorrotta agli eventi, la coscienza
impegnata guardandoci negli occhi
senza supplizio d'essere stati verie
vero a specchio d'acque il cielo cresce
come a vent'anni con tre stelle in petto
l'archetto delle prime confidenze
e quei sussulti rapidi nel sangue.
Il mio passo nel tuo affonda e perde
altre cadenze, si rifà leggiero
di corse che ci accolgono afferrati
dietro il sipario di un covone d'anni.
Ora è nostra stagione e tutta piena
grappoli intatti a rive di colline
e labbra calde a spremere con gusto.
Il carpitore di stelle di Renata Giambene
Il presente contributo intende focalizzare alcuni aspetti della scelta linguistica della Giambene, prendendo in considerazione una sua trilogia di poesie inserite nella raccolta, con un occhio rivolto alle belle pagine del prof. Floriani sulle “ funzioni del linguaggio “ in Lingua e letteratura(1).
Le poesie considerate, pur appartenendo a periodi diversi del cammino poetico della scrittrice, sono a mio avviso strettamente connesse. Rispettando l'ordine d'inserimento antologico troviamo: Piccolo cuore di paese (sottotitolata Vendemmiale), Per la festa della mietitura e Maturata vendemmia.
La scelta linguistica dell'autrice cade su relazioni di tipo associativo tanto importanti in poesia, più che di tipo prettamente semantico.
Il campo associativo è definito infatti da relazioni costruite sulla base degli elementi più svariati; così meno stretto del rapporto che intercorre fra termini appartenenti allo stesso campo semantico (campo di significato) è quello che da filari d'uva guida a pigna e a grappoli intatti (che sono parti di viticci), in seguito a potare e alla fatica delle falci e infine a mescere (operazioni che si possono compiere durante una vendemmia) e a mosto vivo, legato appunto alla vendemmia e alla sagra paesana. Per estensione “filari “ diventano le ragazze e “ pigna d'uva “ i loro seni: “ filari le ragazze / ai petti d'uva reggono le ceste”. (Piccolo cuore di paese).
Nell'espressione poetica della Giambene si ha inoltre una prevalenza della CONNOTAZIONE sulla DENOTAZIONE, che impronta a mio avviso tutta la costruzione del discorso dell'io narrante; ampliando il significato denotativo di base, diventano portatori di significato anche elementi che di per sé non lo sarebbero.
Ad es. da Piccolo cuore di paese:”(…) liberati mondi pigna infranse / a colorar d'umano mosto vivo” e ancora “ ingrappolate stelle i chicchi in cielo “ ove peraltro la bravura della Giambene nell'accostare parole fra loro senza virgola, ricorda il procedimento pittorico del pointillisme e poi del divisionismo di Seurat, che consisteva nell'accostare i colori direttamente sulla tela in piccolissimi tocchi.
Un altro elemento portatore di significato è il RITMO legato alla posizione degli accenti tonici per cui il testo poetico è costruito, come sostiene Jakobson, in modo da <<creare un tempo del flusso del parlato come c'è un tempo musicale>>:
“ Ieri a battere il grano si sentiva / vapore caldo d'ansia” (Per la festa della mietitura).
Ispirazione comune alle tre poesie citate mi sembra possa essere la tematica delle CERIMONIE AGRARIE, "manifestazioni estetiche spirituali e rituali "come le definisce il Toschi nella sua Storia del teatro.
Per le feste del “ Maggio “, che si riallacciano agli antichi riti agrari della vegetazione, la vita dell'intero gruppo umano si concentra per un momento in un'effige vegetale, simbolo destinato a rappresentare e a benedire un avvenimento cosmico: la primavera.
Nelle tre poesie considerate è la VITE ad incarnare il ruolo del “maggio”. Altri elementi cheintervengono nei riti della vegetazione sono il canto, la musica e la danza, come riporta il Frazer ne Il ramo d'oro. Questa terna di elementi si ritrova anche nelle poesie citate: Piccolo cuore di paese recita al v. 9 “ passano lente, in fila, le ragazze / bilicando fra i sassi: un canto, un riso” e la musica è data dal battito del cuore che ne scandisce il ritmo (“ piccolo cuore di paese / batti il tempo della tua vendemmia” ).
Per altro la processione delle giovani che riprende, in una sorta di ring composition il v. 1 (“ filari le ragazze “) ricorda la religiosa teoria di vestali con ceste mistiche, immagine che ritorna anche (v. 24 ) in Per la festa della mietitura:” verranno le ragazze in processione”.
Scrive Emanuele Schembari nella prefazione alla raccolta antologica della Giambene, che aleggia sull'intera produzione una sorta di attesa di qualcosa che deve avvenire… Io direiattesa di qualcosa che deve ritornare, unendomi alla voce di Mario Donadoni “ a braccia spalancate (la Giambene) aspetta questo ritorno dell'età dei sogni anche se non più favolosi perché sbiaditi dalla realtà”.
Le Feste agrarie servono appunto al poeta a sotterrare un passato frenante ove prevalgono la fissità e l'ordine, per cedere posto ad un mondo vergine. Un mondo in cui le ragazze odorano di spiga matura, hanno al piede un'ala e le dita incrociate a canestro, “ bilicando” fra i ciottoli di un fiume.
Unica traccia di questo tempo aureo, di questo tempo sacro, è quel “ filo di paglia fra i capelli” (Per la Festa della mietitura, v.21) ed un “sapore d'erbe nate in bocca” (Antico vasellaio). Ecco, forse il ricettacolo più segreto di queste composizioni risiede proprio in questa meditazione sul tempo: il tempo dell'attesa e della festa, sospeso o intenso che rappresenta una sorta di fuga mistica.
Inoltre ricorrente in numerose composizioni della scrittrice, è l'immagine della SPIGA che nelle civiltà agrarie è il figlio nato dalla ierogamia (dalle nozze) fondamentale cielo-terra e, più in generale il simbolo della crescita e della fertilità, insieme nutrimento e seme.
“E l'uno all'altro dona una spiga / di raccolte stagioni” (Di raccolte stagioni, vv.3-4); il biondo grano di campi stranieri in cui si è perduto il soldatino di piombo, i “ gonfi steli “ di Piccolo cuore di paese nel senso di spighe gonfie di chicchi, mentre la “stagione di raccolto” di Fammi grande le braccia è abbondanza di spighe mature.
Anche l'immagine del SEME compare spesso nel suo percorso poetico, tanto da dare il titolo sia a una singola poesia Il seme nuovo, che ad una intera raccolta I semi delle cose.
Il simbolismo del seme va al di là dei ritmi della vegetazione e rappresenta l'alternanza della vita che si svolge nel mondo sotterraneo e di quella che si svolge alla luce del giorno, dal non manifestato alla manifestazione(2): “ E' nella zolla il seme nuovo e lievita” (Il seme nuovo) nel cui verso ricorre anche l'immagine della tellus mater che traslato rappresenta il grembo materno.
Dice la Giambene “ogni giorno manciate di semi” (L'Albero della vita,v.2), e ancora “mio figlio ha (…) nelle mani i semi delle cose” (Antico vasellaio, v. 2); ci parla dei “semi d'amore” in Canna nel vento o dei semi lanciati dall'arabo dondolando nenie in Paesaggio d'oro antico. Incontriamo poi il “seme d'alba” di Resurrezione e “il pugno di verde seme da spartire” (Per un caldo pane) e per contro “ il vuoto seme ucciso per giuoco” nell'Età fini dei gridi e infine i semi di morte esplosi dalla mela-fungo della seconda guerra mondiale.
Ancora, in Per la festa della mietitura si ha invece il passaggio dal seme alla spiga: “carezza il seme un mulinello d'aria/ che la spiga ondulò prima del taglio”.
Seme e spiga quindi come sorta di amuleto o presenza magica.
Desidero spendere infine qualche parola sul TITOLO dato alla raccolta, perché facente parte della somma degli elementi che possono servire a costruire un testo poetico, come anche un testo narrativo. In Ungaretti ad es., il titolo del suo primo volume di versi, Allegria di naufragi, (abbreviato in L'Allegria nelle edizioni successive) alludeva all'esultanza che l'attimo, avvenendo, dà perché fuggitivo, in un mondo in cui tutto è “naufragio”, essendo consumato dal tempo.
D'altro canto Montale traeva le sue “Occasioni” dai fatti della seconda guerra mondiale e la guerra ricompare con il nome di bufera nella terza raccolta montaliana La bufera ed altro.
Passando alla narrativa, La coscienza di Zeno è un titolo che esprime ambiguità perché non è chiaro se si tratti di un genitivo soggettivo o oggettivo. Non sappiamo se si tratti della coscienza che Zeno ha di sé o se noi abbiamo davanti la descrizione oggettiva di quello che passa per la coscienza di Zeno.
Per tornare al Carpitore di stelle della Giambene, grande maestra della titolazione, mi sembra che carpire non assuma qui il significato di “estorcere”, di “sottrarre a qualcuno con l'inganno”, bensì quello figurato di “carpire un segreto”, di riuscire a scoprirlo, a coglierlo ( come nel tanto recitato carpe diem).
Il carpitore stacca e “cola”, dal cielo poetico della scrittrice, le stelle più fulgenti a favore, in particolare, del piccolo interlocutore esigente che è in ognuno di noi perché “tutti i grandi sono stati bambini una volta (ma pochi se ne ricordano)” come scrive Antoine De Saint Exupèry nel suo Piccolo Principe, romanzo di formazione per eccellenza. La Giambene se ne ricorda e anzi “folle” è chi non la vuole più bambina: “Non ti vogliono più bambina è una regola di vecchi folli, l'età vuole abito adatto (…)”.
Mi piace immaginare il Carpitore con le fattezze appunto del Piccolo Principe dai capelli d'oro e con in tasca il gomitolo dei fili d'ogni astro, intento ad acchiappar comete per la coda, anche se non nel senso di Tomasi di Lampedusa.
E mentre scende dalla scala, nascosta fra le nuvole tenendo al guinzaglio ogni astro, fa sì che a sera in terra non si perda neanche una cometa, come invece accade in Paesaggio d'oro antico (“ A sera resta in terra una cometa persa”).
La voce poetica della Giambene riesce a fare in modo che non sia persa la benchè minima parola-stella perché attaccandovi una coda, la tramuta in cometa, regina degli astri!
In definitiva l'io narrante attraversa l'intera della raccolta col suo sguardo limpido di donna a cui niente sfugge e che ad ogni lettura fa sorgere “ un sapore d'erba in bocca” e nascere “ edera fra i capelli”.
Note:
1. Civile-Floriani-Forti-Ricci, Leggere e scrivere, Loescher 1984; schede preliminari: scheda 2-Campi semantici e associativi, pp. XXX-XXXI
2. Notizie tratte da J. Chevalier-A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, p. 356 e p. 419
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