Home Page di Valeria Serofilli


Vai ai contenuti

Menu principale:


Massimiliano Antonucci, Mastini davanti alle porte del Regno, Autore Libri Firenze 2002.

Saggi e note critiche di Valeria Serofilli

Nota di lettura al testo di Massimiliano Antonucci Mastini davanti alle porte del Regno.

Massimiliano Antonucci ha raccolto quattro anni d'attività creativa sotto il titolo felicemente allusivo e provocatorio di
Mastini davanti alle porte del Regno.
Nel testo pubblicato dai tipi dell'Autore Libri di Firenze nel 2002, l'Antonucci ha riprodotto la divisione tra le raccolte che si sono succedute nell'arco dei quattro anni, distinguendole in “ versi “ e “ poesie “ di non certo facile lettura. Un pensiero a frammenti, quello dell'Antonucci, una poesia dall'andamento segmentato che si nutre delle irrazionali e al tempo stesso esatte passioni della mente.Maria Grazia Lenisa, nel saggio
La dinamica del comprendere (Bastogi, 2000), riguardo alla comprensione del lavoro creativo, sostiene che scopo del critico non è un lavoro di conoscenza scientifica, ma di porsi in una condizione d'animo aperta nei confronti del poeta che tenga conto di tutti gli aspetti del suo lavoro in un'armonia onde illuminare e comprendere, senza chiudersi in schemi troppo rigidi che possano talora imprigionare il critico. Solo così si può giungere alla comprensione del testo per guidare il lettore, anche se talvolta il critico fa addirittura un'opera nuova in confronto a quella di cui scrive, con delle “ scoperte “ che forse neppure il poeta aveva consapevolmente intuito.
Il mio contributo in questo contesto intende focalizzare alcuni SIMBOLI che dominano, a mio avviso, le quattro raccolte di liriche costituenti il corpo del testo in esame.
Il Mastino del titolo innanzi tutto.
IL CANE
In tutte le mitologie il cane (Anubis, Cerbero, Garm ecc.) è associato ai regni invisibili governati dalle divinità ctonie. Nell'iconografia egizia cinocefali sono posti a guardia dei luoghi sacri.
Quale luogo è più sacro del subconscio, del “ Regno “ della fantasia e degli automatismi psichici? Una linea blu ne sancisce il confine, come leggiamo nella composizione “Limite“: <<E' blu / la linea retta / della decisione. / Le occhiatacce degli uomini / fissano un territorio dentro il quale / non devono osare. (…). Il cielo / o io / rovesceremo l'uragano di notte //.>>.
Soltanto la giustizia divina o l'uomo, o meglio il poeta, dando libero sfogo al turbine dei moti dell'animo, saranno in grado di varcare la linea blu, il limite del ragionamento, perché, come scrive C. A. Meier << la sintesi dell'attività psichica inconscia costituisce l'essenza stessa del lavoro mentale creativo>>.
Nella lirica “Come me“, sorta d'autoritratto dell'autore, si delinea un'immagine del poeta come punto d'incontro fra la bestia e l'uomo, fra l'istinto e la razionalità (<<… Io so già tutto della vita e della follia / (…) e divento il punto d'incontro fra l'animale e la persona /).
La linea blu, nella poesia dedicata a Ilaria, viene ad essere indicata col termine “insonnia”: << Mastini davanti alle porte dell'insonnia non fanno accedere al Regno>>, l'insonnia, confine tra la veglia e il sonno, tra il mondo della ragione e l'inconscio, è la piattaforma da cui PEGASO può spiccare il volo.

IL CAVALLO
Un altro simbolo che emerge dalla lettura è, infatti, il cavallo, non un animale come gli altri ma veicolo, vascello. Il suo destino è dunque inseparabile da quello dell'uomo e fra i due s'instaura una dialettica particolare, che è la dialettica stessa dello psichico e del mentale. Di notte il cavallo può farsi veggente e guida, varcando le porte del mistero inaccessibile alla ragione e diventando cavalcatura privilegiata per la ricerca spirituale.
Cavalli neri compaiono nelle fiabe, come i cavalli della carrozza nuziale ad esempio, che rappresentano il desiderio liberato. Forse “ I cavalli delle notti “ di p. 51?
Il simbolo del cavallo, per le idee di velocità e di immaginazione che suscita, è assimilabile a Pegaso e per alcuni popoli (quali i Bambara), corrisponde al bambino e alla parola (quindi al linguaggio infantile). In “Medusa d'amore” leggiamo: << (…) i cavalli / restano gli unici padroni gentili della mia vita / >>.
Solo pochi eletti, non certo le “scimmie ammaestrate“ o “le anime grezze”, ospiti indesiderati di un matrimonio, sulle ali di Pegaso eludendo le fauci dei guardiani, riusciranno a varcare “ le colonne d'Ercole “, la “ linea blu”, “ la linea retta della decisione “, penetrando il mondo ctonio dell'inconscio e dell'immaginazione. “ Le occhiatacce degli uomini “ poco potranno contro il volto raggiante di una Sposa, desiderosa di abbagli e deliri, e contro il poeta esortato a scrivere da una Beatrice del 2000 che, Musa dal vestito fluttuante come brezza d'ottobre, lo esorta a credere nello “ scudo “ bambino anche se “ forato “. A credere a “ cose pure “ e a liquidi amniotici che colmino il dolore dell'uomo (come si legge in “Sull'orlo del mondo “).
Ecco che il binomio CANE – CAVALLO, si scinde nelle due componenti che assumono valore opposto e combattono una lotta che, se non tra il bene e il male, si può intendere tra il mondo ctonio e il mondo uranico, tra il volo pindarico e la realtà quotidiana, tra il sogno e la ragione.
Del resto già Calderòn de la Barca, affermando che la vita è sogno, sosteneva la superiorità dell'interiorità e della mera contemplazione intellettiva sulla vita reale. In epoca moderna Freud e Breton, ciascuno dal proprio fronte, il primo nel settore della psicanalisi e il secondo in ambito artistico, affermeranno l'importanza dell'attività onirica e l'esigenza di esprimere le forze inconsce dell'uomo. Dalla lettura dell'Antonucci si evince, infatti, una concezione del poeta come punto d'incontro tra istinto e razionalità, tra sogno e ragione … ma anche come si rende evidente nell'epigrafe, come trait - d'union fra immagine e parola in quanto <<il poeta scrive tutte le immagini che gli uomini sono in grado di pronunciare>>.
Tuttavia questa definizione rischia a mio avviso nella sua rigidità, di ingessare il Poeta relegandolo ad un ruolo di trascrivente di quello che estrae dall'animo altrui, di mero strumento. Che se penna e inchiostro sono strumenti del poeta, poeta è si strumento … ma solo nelle mani di Dio, come sì evince dalla lettura della convincente e suggestiva favola di Anderson “Penna e Calamaio”!
L'esortazione che rivolgo all'Antonucci è di continuare a scrivere e a crederci nonostante le “anime grezze” non gli risparmino “colpi bassi” se scrive poesie: << la gente mi cuce addosso / mille incognite // >>. Anime grezze non risparmiano / colpi bassi / e sputi / se scrivo poesie / come ricevimenti di nozze / gremiti di colombe.//>>.



Home Page | L'Autrice | I Gigli di Nola | Acini d'Anima | Tela di Eràto | Fedro rivisitato | Nel senso del verso | Chiedo i cerchi | Nel senso del verso Nuovo volume | Amalgama in Valeria Serofilli - La parola e la cura | I Quaderni dell'Ussero | Resoconto e senso - eBook da Poesia Condivisa | Ulisse - eBook antologico di racconti da LaRecherche.it | Vestali | Ulisse | Poesie e Racconti | Saggi e note critiche di Valeria Serofilli | Astrolabio Poesia | Presentazioni al Relais dell'Ussero a Villa di Corliano | Incontri al Caffè dell'Ussero e Iniziative culturali | Lettere aperte all'Autrice | Ospiti di Valeria Serofilli | La voce dei visitatori | Renata Giambene | Mappa del sito


Menu di sezione:


Webdesigner: Pasquale Palomba. "Aggiornato il 28 set 2015. All rights reserved | valeriaserofilli@alice.it

Torna ai contenuti | Torna al menu