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Dai tempi di Valeria Serofilli
di Andrea Salvini
La prima impressione che abbiamo ricavato esaminando questa raccolta è che l'Autrice abbia conservato lo spirito genuino degli Umanisti. Ci ha subito colpito infatti la presenza nel corpo della raccolta dei documenti fotografici delle redazioni successive di due sue poesie, Eclisse, la sua prima poesia, e Preghiera per la pace: grazie a questi documenti possiamo entrare nel laboratorio compositivo di Valeria e gettare uno sguardo sul suo lavorio interiore alla ricerca di tutte le possibilità della parola poetica. Più o meno questo facevano gli Umanisti, che, come sappiamo, andavano a caccia dei manoscritti degli autori antichi in tutta Europa sull'esempio del Petrarca, loro padre nobile, e li confrontavano fra loro a caccia di varianti per far rivivere nel modo più vero il loro messaggio. Solo alcuni, è vero, come il Poliziano, ebbero qualche intuizione del procedimento scientifico che prende il nome di "metodo del Lachmann", ma quello che li accomuna con Valeria è appunto l'incontentabilità di fronte alla singola parola che non pare efficace. Sarà appena il caso di rammentare che l'amore per i classici di Valeria non è una novità: ripensiamo per un attimo, infatti, a Fedro rivisitato. Inoltre proprio qui, in questa plaquette, la poesia dedicata all'Anadyomene di Apelle, che ci è sembrata una vera e squisita ekphrasis di sapore neosofistico.
L'altro aspetto legato al precedente, e che ci ha impressionato, è la presenza delle traduzioni in lingua straniera di alcuni testi chiave della produzione della Serofilli. E anche queste, secondo noi, sono il frutto di una passione che l'Autrice e i suoi "amici di cultura" condividono con gli Umanisti. Non è molto noto che essi non volevano soltanto trovare e far tornare al loro splendore gli antichi, ma anche renderli fruibili al più vasto pubblico possibile: ciò li portava a tradurre opere anche molto vaste dal greco in latino per ristabilire ponti interrotti da secoli nella cultura europea. E' in corso da qualche tempo un grande progetto di edizione nazionale delle traduzioni dal greco al latino realizzate dagli Umanisti, noto con il nome "Il ritorno dei classici". Il progetto incontra difficoltà crescenti, soprattutto di ordine finanziario, ma, se si consulta il sito dedicato ad esso, è possibile apprezzare la vastità dell'impegno di questi "padri culturali" dell'Europa, nonché il lavoro già svolto dai ricercatori (http://www.ilritornodeiclassici.it/). Gli amici di Valeria hanno appunto dato corpo a quest'altra vena ispiratrice, con le traduzioni di Eclisse la lirica di esordio, Il colore della vita, Il tempo dell'amore, che sono dei veri capisaldi della produzione serofilliana.
Possiamo concludere con una osservazione che finora ci sembra non sia stata fatta da nessuno a proposito di questo volumetto. Esso ci sembra pervasa da un indiscutibile e profondo amore per la vita oltre che per la poesia, che sfocia a tratti in una religiosità esplicita e risentita, come nel Fornaio e in Moderno Padre Nostro. Da tempo non c'è posto per il pessimismo esistenziale nella lirica della Serofilli: da tempo abbiamo rilevato l'esplicito rovesciamento della prospettiva montaliana nei nostri scritti precedenti nei suoi testi poetici. A proposito della presente raccolta, forse riusciremo a documentare il persistere di questa tendenza "solare" con un solo esempio di commento: l'esordio della lirica "Dai tempi", che dà il titolo alla plaquette interna, ci ha ricordato irresistibilmente Uomo del mio tempo di Quasimodo (Sei ancora quello della pietra e della fionda, / uomo del mio tempo), una lirica che ci testimonia, come tante altre, lo sbigottimento degli intellettuali di fronte all'inenarrabile brutalità della Seconda Guerra Mondiale. Il poeta di Modica esprimeva il suo radicale pessimismo sull'uomo e sulla sua inguaribile sete di violenza e distruzione in ogni fase, storica e preistorica, della sua esistenza. La chiave scelta dalla Serofilli è totalmente diversa, un vero e proprio controcanto: l'io lirico dell'Autrice diventa la donna amata dall'uomo in tutte le epoche della storia, dai tempi della clava a quelli della telematica. L'uomo, fin da quando aveva solo la pietra per accendere il fuoco, è il marito o l'amante, mai quello che escogita morte per i propri simili. Ecco quindi un messaggio, diremmo, di speranza e di amore, per usare parole un po' disusate e sospette di retorica, ma oggi più che mai necessarie.
Andrea Salvini
Pisa, 28 Settembre 2013