Considerazioni critiche sulla raccolta di racconti “Ulisse”di Valeria Serofilli.
La raccolta di racconti intitolata Ulisse, i cui segmenti potrebbero essere considerati dei frammenti in prosa, in molti casi, per la loro brevità, ha per incipit un breve scritto dal titolo eponimo sottotitolato (Il mio Ulisse).
La prosa di Valeria Serofilli è intensa, icastica e concentratissima con accensioni e spegnimenti e, attraverso la diegesi, ci accorgiamo che l’io narrante al femminile, parla di se stesso e del suo rapporto di coppia in modo disincantato.
L’autrice narra una relazione nella quale Ulisse stesso, ed anche Adamo, divengono simboli dell’amato, al quale Valeria si rivolge con passionalità, affermando di essere presa e lasciata da lui come un’onda che sbatte sullo scafo.
L’epica omerica di Ulisse si fa tout-court epica del quotidiano nel nostro postmoderno occidentale, in un gioco originale e sapiente di specchi..
I toni sono a volte sensuali, come quando la donna parla dell’odore dell’uomo della sua vita e ci s’immerge proprio nella quotidianità, nel momento in cui una telefonata apre un mondo nuovo e si esce dalla metafora della navigazione, filo rosso del racconto, che è sottesa alla tematica del viaggio.
Saliente il passaggio iniziale del testo in cui l’io narrante afferma che gli chiedono di scrivere e afferma che la sua situazione sentimentale blocca i suoi sensi e la sua mente e che si trova a ragionare con la parte debole della testa, che si chiama cuore.
Da quanto suddetto si deduce che l’io narrante è una scrittrice e ciò potenzia il fascino della narrazione con il meccanismo sempre efficace della scrittura nella scrittura stessa.
Tema ricorrente nei testi è il mare e il frammento Pagina mare (figlio dell’onda) ha un afflato vagamente filosofico; in esso, affrontando una tematica molto interessante, l’autrice afferma che c’è stata una rivoluzione tra uomo e mare: liquidità e fisicità: due realtà così diverse, come possono accordarsi?
Afferma la poeta che, nonostante l’apparente diversità tra le due sfere, si può trovare una conciliazione tra i due elementi, nel loro essere entrambi simboli della vita.
Perché l’uomo è un abisso e come l’acqua un fluire in continua transizione tra le cose da compiere e il già portato a termine.
In generale una scrittura avvertita e lucida, che può identificarsi con sensazioni e stati d’animo di tutti i lettori.
Nella prosa dell’autrice si riscontrano leggerezza, precisione e velocità, per usare termini tratti da le Lezioni americane di Italo Calvino, scrittore citato dalla Serofilli stessa.
E’ detto il tema dell’amicizia e centrale è quello del viaggio fondamentale che è quello in noi stessi.
L’autrice ricorda una sua felice esperienza amorosa in treno con un suo amato, nel loro abbracciarsi in una scompartimento e il controllore che entra e li disturba.
La poeta rivive la gioia di quei momenti quando una vita intera si azzera e si raggiunge una vaga estasi.
Un esercizio di conoscenza sottende questi splendidi racconti della Serofilli che tendono il loro arco con frecce che mirano al senso di una pedagogia della gioia che si coniuga ad un salutare e salvifico anelito ad una visione del mondo che si basi su un elogio dell’immaturità, intesa in senso positivo e produttivo,
Del resto l’Ulisse omerico è una figura vincente per la sua intelligenza e la sua forza e che supera molte prove e non è un caso che l’autrice, tra tanti eroi epici, abbia scelto lui come del resto ha fatto anche Luigi Malerba nel suo romanza Itaca per sempre, nel quale un ruolo fondamentale ha proprio Penelope.
Raffaele Piazza