Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume 24 foto in una borsetta – Il mistero del corallo (Armando Siciliano Editore, Messina 2009) di Marco Rodi.
Lo spunto che dà vita e ispirazione al romanzo 24 foto in una borsetta di Marco Rodi, pubblicato lo scorso anno da Armando Siciliano Editore, è originale, capace di collocarsi in quello spazio fertile e accattivante che separa e unisce realtà e fantasia, verità e immaginazione. Tra queste due dimensioni, abilmente miscelate dall’autore, si muove la vicenda narrata del libro che conduce a fare la conoscenza con una serie di personaggi e situazioni, presentate ora in chiave ironica ora con accenti più cupi ma senza mai rinunciare al gusto della lievità, un’esplorazione curiosa ed avida degli aspetti della vita, gli incontri, le avventure, le disavventure, le miserie e le ricchezze dell’animo umano.
Non desidero qui ed ora narrare nei dettagli i nodi della trama ed i vari accadimenti che costituiscono lo sviluppo del romanzo. Preferisco che sia il lettore a scoprire passo passo ciò che accade, i colpi di scena che mutano un tranquillo trasloco in una sorpresa che conduce a sua volta ad una serie di imprevisti che mettono in luce un’esistenza intera, quella di un’anziana signora morta quasi centenaria dopo essere rimasta sola al mondo. L’anziana signora lascia questa terra apparentemente sola e senza tracce ma, in realtà, lascia un tesoro, non solo nel senso tecnico e materiale del termine, ma anche e soprattutto dal punto di vista dei ricordi, delle memorie, delle emozioni, di tutto ciò che, sebbene incorporeo, costituisce il vero senso e il succo reale dell’esistenza. Su questa ambivalenza e su questo sorprendente e significativo destino, gioca con perizia Marco Rodi mostrando che, dietro un evento ed un ritrovamento apparentemente casuali, quello delle 24 foto in una borsetta a cui fa cenno il titolo del libro, c’è in realtà, un cammino misterioso e affascinante: quello che lega vita a vita, istante ad istante, un incontro di strade che uniscono destini solo in apparenza lontani.
Appare adeguato in quest’ottica, anche il linguaggio con cui Rodi dà vita alla narrazione: il lessico è lieve, scorrevole, facilmente fruibile ed assimilabile. Non è tuttavia sciatto o eccessivamente lineare; ci sono punti in cui si arricchisce, magari tramite un dialogo o una descrizione, di venature poetiche o filosofiche, come se, a momenti, il narratore arrogasse a sé il diritto-dovere di indicare qualche possibile riflessione, qualche invito al ragionamento, qualche traccia che possa indicare un possibile senso per la catena di accadimenti che si intrecciano nel libro.
Le 24 foto sono anche, da un certo punto di vista, varie istantanee della vita, i vari ambienti descritti, i più diversi e disparati, da quelli più castigati a quelli trasgressivi, dai ristoranti alle escursioni in montagna, dalla scuola alle notti d’inferno, dalle signore bene alle cortigiane.
Il romanzo è reso accattivante anche tramite riferimenti a vari ambiti culturali di diverso livello, ma tutti ben noti. I riferimenti colti si alternano a spunti in cui vengono chiamati in causa Diabolik ed Eva Kant, e a trovate di notevole e collaudata presa, come quelle racchiuse nei brani in cui si parla de “Le scatole degli orrori”, “Le nozze mancate” o “L’uscita di scena”: brani che richiamano elementi ben diffusi nella narrativa di ogni epoca, ma allo stesso tempo funzionali al racconto specifico della storia che l’autore ha scelto di raccontare in questo libro.
Un romanzo, quello di Marco Rodi, che, pur essendo narrato con uno stile attento e pulito, non disdegna un linguaggio chiaro e godibile, con una buona quantità di dialoghi autentici, credibili, in cui si fa ricorso a termini che possono essere compresi e usati da tutti, anche da quei giovani allievi dei professori che si nutrono di un gergo autonomo.
Una lingua che l’autore dimostra di avere ben assimilato, arrivandone a comprendere non solo il senso ma anche il tono e il sapore: quel gusto dissacrante che rinnova la vita, mettendola in discussione senza tuttavia rinnegarla.
Un romanzo, quello di Marco Rodi, sospeso tra una narrazione classica ed un moderno impulso all’esplorazione, realistica, dei dati di fatto. Un libro che si legge come un giallo, ma anche come un romanzo di avventure in cui, con occhio disincantato ma mai alieno alla poesia, l’autore si diverte a mostrare gli ingranaggi della sorte, ed i mondi diversi, ben delineati e caratterizzati, in cui i personaggi, e con loro il lettore, vengono condotti.
Valeria Serofilli
Pisa, 5 Febbraio 2010