UN POIEO SOSPESO TRA CLASSICISMO E MODERNITA’
Nota di lettura di Valeria Serofilli al volume Indissolubile Nucleo (Leonida Edizioni, Reggio Calabria 2009) di Bruno Laganà.
Tra moderno e classico si colloca il volume di Bruno Laganà Indissolubile Nucleo edito da Leonida Edizioni nel maggio del 2009.
Moderno è lo sguardo e la capacità di osservare il reale nelle sue sfaccettature più aspre e prosastiche; classico, al contrario, è l’andamento arioso e la capacità di ricreare un’armonia e una visione d’insieme che concili gli elementi contraddittori, la coincidenza degli opposti.
Queste due dimensioni però non scorrono separate come su binari paralleli, ma si fondono in un’unità ben fluida e definita grazie alla capacità ritmica e lessicale dell’autore.
Un esempio di questo fertile abbinamento è stato opportunamente evidenziato dalla prefatrice del libro Domenica Moscato quasi ad esergo della sua presentazione del volume (cfr. pag. 5 e pag. 24):
“Afferravo lo spicchio di luna
e ne facevo falce
per stendere il grano già maturo
e prepararmi un letto nuovo”.
Questi versi, se da un lato veicolano l’immagine ormai emblematica di un certo atteggiamento romantico personificato dal poeta Pierrot, dall’altro per il linguaggio caratterizzato da un andamento ritmico fortemente allitterante e dall’espressione di un’esigenza individuale nonché dall’atteggiamento volitivo proiettato verso il futuro, sono invece proprie di un fare poesia molto più moderno e attuale.
Altro esempio di questo approccio capace di abbracciare dimensioni ambivalenti, si ritrova anche all’inizio del libro nella lirica a pag. 12 dal titolo “I bimbi”.
Sia sul piano del contenuto e, ancora una volta, della forma, in un primo momento c’è la pura osservazione sublimata anche dall’esaltazione della natura <<i vertici delle montagne rivolte al cielo>>.
Nella parte finale del componimento tuttavia la capacità di nazionalizzare emerge e l’autore preconizza già la crescita dei protagonisti della lirica. Come in una prolessi immagina questi bambini già cresciuti e il lettore acquisisce dopo una lettura iniziale, una visione meno idilliaca ma non meno attenta e veritiera.
Il procedimento tipico di Laganà è di natura poetico-filosofico in quanto, partendo da un dato di fatto acquisito, approda a una metafora di carattere più ampio e universale.
Tanto per fare uno dei numerosi esempi possibili possiamo fare riferimento alla lirica “Come il mare” in cui, dopo aver descritto le onde e i vari aspetti che assume l’elemento osservato, c’è uno scarto nella parte finale della lirica e un parallelismo che abbina l’essenza del mare al destino umano.
“E tutto questo non è il nostro limite.
E’ come la solitudine del mare d’inverno,
o il silenzioso fervore del solleone”.
Il titolo di questo libro è perentorio e ineludibile e ci richiama ad una riflessione e ad un confronto, imponendo un’ottica tale da poterne valutare il peso e la sostanza rileggendo ogni lirica alla luce di questo riferimento così netto, chiaro e vincolante: gli affetti familiari vissuti in modo mai banale, mai distratto. A fianco di questi affetti si colloca il nodo dominante del destino umano, “assurda distesa di nero catrame”, che solo il calore l’affetto, come un sole che non conosce notte, rende traslucido, in grado di riflettere positività e indicare il percorso.
Il libro è incentrato sul braccio di ferro tra rassegnazione e vigorosa reazione allo stato delle cose e l’attitudine filosofica dell’autore, a cui si è già accennato in precedenza, riemerge in maniera costante e decisa e il volume diventa così un alternarsi di momenti di esaltazione e di amara ma mai negativamente pessimistica analisi delle domande e dei dubbi dell’esistenza:
“E a me costernato che cerco l’andana più consona
e crearti spazio come speri
e ch’io dica di pensieri
e fatti proficui per il resto del nostro vivere.”
La dichiarazione più emblematica dei dubbi a cui si è fatto cenno è contenuta nel verso d’esordio della poesia di pag. 14 “In filigrana”:
“Come vorresti la vita amore?
Concepita ed eseguita,
precisione estrema,
sottigliezza e delicatezza,
forse un lavoro in filigrana?
Il sovvertimento della vita stessa
determina un logico contrario
e noi diremmo della sua giustezza
in ogni ambito del nostro lunario”.
E ancora, nella lirica “Migrazioni”, il pensiero viene addirittura personificato ed è la più chiara trasposizione dell’impostazione del pensiero dell’autore e del libro, costantemente sospesi tra osservazione del mondo e ragionamento, ironia e riflessione:
“Corre il pensiero uscendo veloce,
sbatte la porta indomito indolente
e sembra già forestiero tenace
con aria di scherno forse nolente.”
Valeria Serofilli
Pisa, 13 Novembre 2009