a cura di Ninnj Di Stefano Busà
Una scrittura pregnante, fuori dalle righe, dalle monotonie liriche di tanti pseudopoeti, di tanti elargitori di parole...
Mi riferisco alla raccolta: Amalgama, che leggo con particolare partecipazione e attenzione. Si tratta di un libro colto e vigoroso, la scrittura si avvale di uno stile e di un contenuto altamente affinati, ha dalla sua parte lo sviluppo armonico di tutti i suoi elementi linguistici. Rievoca, sottolinea, coinvolge con la sua umana auteticità e il suo equilibrio formale, in cui tutto semanticamente si disarticola in una temperie di allusioni, di metafore, di colloquiali inserti tra il sé e l’altro di sé. Conoscevo la poesia della Serofilli sin dalle sue prime prove letterarie e devo ammettere che nei versi più recenti s’insedia con una mira più centrata, nelle ragioni liriche di un percorso più maturo ed esemplificativo. La sua autentica umanità vi si dispiega e diventa una sorta di privilegio leggerla.
“Morsi di parola sazino spazi bianchi/lenzuola
E tu leggimi mordimi impastami
e sarò il tuo più prezioso manufatto
bilanciato dolce impastamento:
frase/ inchiostro, acqua e terra
cemento.”
La parola cantata, per intensità, è giunta ad una parabola eccelsa, si è fatta suono, orchestrazione di varie forme sintattiche, di un messaggio intrinseco di sensibilità della sua psiche.
Nella poesia della Serofilli la vocazione è quella di raggiungere un equilibrio, una quasi <perfezione>, tra l’innocenza primigenia e la necessità di un sano equilibrio morfo-sintattico delle strutture linguistiche. Lo strumento comunicativo si avvale di molte evocative autonomie, in grado di tentare tecnicamente i fenomeni quotidiani, dando alla genuina confessione, oltre che una suggestiva interpretazione, una più cadenzata musicalità vocale e tonale. La parola definitiva diventa l’esito perfettibile dell’intuizione espressiva, oltre che comunicazione con gli altri.
Lo stile è sempre composto, teso a realizzare quella simbiosi più genuina e più vicina alla confessione del proprio “io”, sorretto sempre da una profonda cultura e da un perfetto realismo linguistico.
Valeria Serofilli, come pochi, sa raggiungere i meandri della realtà ed abbracciare con rinnovato fulgore, ma anche con rassegnata malinconia le fragili sponde del vissuto.
L’autrice con immediatezza espressiva raggiunge esiti felici nel dosare le emozioni, apre squarci di azzurro e disegna delicate nuances nel tormento generazionale e nel caos tormentoso di tanta sofferenza e fragilità:
“Crea per te il bianco di un silenzio
ma colmo del più acuto sovrasenso
e circuisci lo spazio che ti pesa
centometrista senza la sua asta.
Una poetica ricca di tematiche, che sa realizzare il senso della vita con ampie circonvoluzioni e volare alta in atmosfere che, per quanto surreali, talvolta, vivacizzano la scena e permettono al lettore di godere di un lirismo che non si accontenta di ripetere gli schemi consueti:
BEN ALTRA CONTROVERSIA
Risparmia il verso che corre controvento
riscopri il senso che nutra di risveglio
il giusto pane, lievito / impastamento
per non rischiare cadute di non senso
falsi richiami a miti desueti
ferri lisi che non tessono divieti
freno che non unto si consumi
Tieni a ricordo il tempo del tuo gioco
di calcio, vicoli, urla e di risate
Tingi d'inchiostro il tuo accorato coro
e non ti curar di loro
ma vivi in ben altra controversia
per cinger tempie del più verde alloro.
Valeria Serofilli sa registrare e metabolizzare la frattura tra il nostro tempo e l’io, che si apre al mondo in maniera non ostica e ostile, ma calda e appassionata, in grado di superare buio e solitudine.
I quali sono, diciamolo subito, l’eticità dichiarativa di una saggezza che va oltre le fandonie del mondo. Il lirismo viene percepito, pertanto, come scavo interiore verso una luce chiara, in movimento cosmico, nella valutazione di un -bene e di un male- che orientano la parola universale verso un’assimilazione morale che è anche coscienza individuale, certezza di un comune itinerario in cui le due forze si equivalgono e con esse la vita, l’esistente di ognuno, e dove il travaglio si fa meno cupo e più intensa e accorta la rivelazione limpidissima del componimento.
Ninnj Di Stefano Busà
Milano, 4 luglio 2013