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Venerdì 5 Marzo 2010 - Arnold de Vos - Reading di poesie scelte da Ode o La bassa corte dell'amore e da Il giardini persiano

Incontri al Caffè dell'Ussero di Pisa > Incontri Letterari 2010
Nota di lettura di Valeria Serofilli ai volumi Il giardino persiano (Samuele Editore, Fanna-PN, 2009) e Ode o La bassa corte dell'amore (Puntoacapo Edizioni, Novi Ligure, 2009) di Arnold de Vos.

"E' un paradiso in terra / il tuo simmetrico corpo / per cui la mano vaga / senza necessariamente scegliere / se tu la lasci andare / per vene d'acqua e strade bianche": sono questi i versi d'esordio della lirica Il giardino persiano da cui prende il titolo il volume edito da Samuele Editore nel 2009.
La metafora del giardino è sempre stata particolarmente presente sia nella letteratura sacra che profana, in particolare in quella orientale.
In Poesia, ad esempio, il giardino assunse un significato non soltanto cosmico, come in Giappone, ma anche metafisico e mistico al punto che l'amore per i giardini è il tema centrale della visione del mondo iranica. Roseto e Frutteto sono i titoli delle raccolte più celebri ispirate a questo tema. La persona amata è simile al cipresso, al gelsomino o alla rosa e il tema è legato a quello dell'oasi e dell'isola: un " marezzarsi di colline e verzure / rosee, ondivaga prora / che animi il mar del ciel"- scrive de Vos, fino ad esclamare " Se c'è un paradiso sulla faccia della terra, / è qui, è qui, e qui."
Tipica della poesia di de Vos è il contrasto tra l'individualità e la necessità dell'altro, tra l'isola a cui è stato fatto riferimento e la volontà di viaggio nell'orizzonte e invocazione a un Dio uomo che sappia essere consapevole incarnazione delle più profonde viscere di questo mondo dolente (Mia Lecomte).
De Vos è "errante" non solo nel senso dei numerosi viaggi che ha compiuto attraverso l'Europa ma anche per la capacità e la necessità di spostare continuamente il proprio orizzonte mentale mantenendo come unico punto fermo il proprio credo nella corporeità, in ciò che resta identico a tutte le latitudini. In quest'ottica, sia per la varietà di esperienza di vita e letterarie, è possibile parlare di apolidía dell'anima.
Tornando al riferimento fondamentale della corporeità, il testo Satiro dormiente suggerisce lo sforzo di acquisire concretezze quasi si attenesse al principio michelangiolesco del sottrarre l'eccesso per liberare l'idea prigioniera, già insita nella materia.
<<Sei nascosto nella roccia Satiro dormiente. / Per tirarti fuori dal blocco / ci vogliono (…) martello e scalpello manovrati da mano sapiente.>>
Lo stesso impiego di forze e d'energia avviene in de Vos per la genesi della parola poetica:
"Più scrivo, più la parola mi prende. / Sarà stato così dalla genesi, all'inizio era il Verbo / a occuparsi della scrittura del mondo" recitano i versi di Hic incipit liber de celo et mundo contenuta nell'altro volume qui oggi presentato Ode o La bassa corte dell'amore, edita da Puntoacapo di Novi Ligure sempre nel 2009.
Questa presenza creatrice e anch'essa errante è un punto di riferimento e confronto costante nella poetica di de Vos, oggetto privilegiato di ricerca di un collegamento tra cielo e terra e di dialogo sia pure spesso in assenza che in effettiva interazione con l'ente ideale a cui si rivolge:
"L'indicibile detto / resta tra ragione e scienza / un allumare strabico su una monodia / indecifrabile se non con forzature al nictemerale / diktat della creazione: Fiat lux."
E ancora recita una poesia contraddistinta dal titolo Ode di pag. 47 contenuta nella seconda sezione dal titolo omonimo in cui si divide il volume:
<<L'amore mio ha questo di terribile: / due anime innamorate del Dio assente / con desideri surroganti / incrociati.>>
Anche in questa recente pubblicazione de Vos esprime con accenti variegati i temi a lui più cari: la ricerca di radici con la consapevolezza di appartenere soprattutto a se stesso e al proprio corpo. Il continuo dissidio tra questa consapevolezza fa si che l'autore spazi in varie epoche e in vari ambiti cercando sempre qualcosa in cui riconoscersi per poi considerare che l'unico terreno d'identificazione è quello della poesia e del sesso.Per concludere, i sottotitoli della sezione "Ode" del libro, costituiscono, a mio avviso, le varie tappe di questo cammino ideale:
"La transumanza" come costante spostamento; "Desiderio essenziale"; "Al - Qamar" (la luna) le cui fasi sono simbolo stesso di spostamento costante tra il giorno e la notte e l'ultima sezione "A lume di torchio":
"Se non ti avessi attirato / nel vortice del mio amore / sarebbe rimasto a girare a vuoto/ prillo brillo di desiderio / del bello e del buono ma senza Dio, / mio non dio: sei l'altro fuoco dell'ellisse / che descrive per oscillazione / la mia danza del desiderio / corrente senza nome.".

Valeria Serofilli


Pisa, 5 Marzo 2010


 
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