Alberto di Pede, Valeria Serofilli e Renzo Zucchini
(Istos Edizioni 2016) di Alberto di Pede.
Un libro in grado di unire il ritmo e l’attrattiva di un giallo con l’accuratezza descrittiva e documentaria di un reportage storico questo di Alberto di Pede, recentemente pubblicato da Istos Edizioni di Pisa nella Collana Cento Pagine diretta da Renzo Zucchini.
Il libro testimonia sia la profonda attrazione dell’autore per il suo territorio e per la sua città, sia la dimestichezza con la storia e con la narrativa ad essa ispirata.
Molto notevole anche la capacità di spaziare tra i vari livelli cronologici unendo presente e passato in un filo rosso che crea anche nel lettore curiosità e attrattiva. Lasciamo al lettore il gusto di scoprire i numerosi colpi di scena e le numerose trovate narrative escogitate da di Pede, accennando solo in maniera generica la trama basata su un importante scoperta avvenuta attraverso indagini litologiche attorno alla basilica di San Piero a Grado.
Si veda, a questo proposito, il brano successivo:
<<16. Basilica di San Piero a Grado (Pisa), Anno 1146 (pag. 70 – 71)
Il Consiglio degli Anziani si era recato in gran segreto presso la più sacra delle chiese pisane, accompagnato dalle guardie personali e da Duccio.
Il Rettore guardò attentamente la Basilica e i lavori in corso, poi si girò verso gli altri membri.
“Mi sembra che tutto proceda per il meglio.”
Tutti assentirono senza parlare e il Rettore riprese.
“L’onta è finalmente lavata! Duccio, che ne pensi?”
“Credo che anche il tempo si dimenticherà di lui.”
“Si, lo credo anch’io. Giusto il demonio potrà trovarlo, ma questo è ciò che vogliamo. Non ci resta che inviare all’Ordine disposizioni scritte in merito.”
“Il dispaccio è già stato inviato.”
“Ottimo, allora possiamo tornare a casa.”
L’importante delegazione si lasciò alle stalle un cantiere in piena attività.
Due villici del posto che stavano assistendo ai lavori si misero a parlare.
“Che fanno alla Chiesa?”
“Dicono che sia pericolante.”
“E allora?”
“Devono fare dei lavori.”
“Ma così non gli crollerà tutto addosso?”
“Glielo dici tu?”
“E perché hanno riempito di terra la tomba del comandante?”
“Dicono sia maledetto.”
“O un ladro…”
“Shh se ti sentono fai la stessa fine.”
“Io ho sentito dire che gli ha rubato dell’oro.”
“Tu devi essere proprio stupido! Lo puoi vedere con i tuoi stessi occhi cosa succede a mettersi contro di loro e continui a parlare?”>>
Ancora una volta la scintilla che mette in moto la narrazione deriva dall’accostamento tra due eventi apparentemente distanti: la partenza di una triremi romana dal porto dell’Atlante settentrionale situata in un luogo mitico e per sua natura simbolico quali le Colonne d’Ercole.
Dal canto opposto, le suddette indagini effettuate da un’equipe specializzata che nota l’eccedenza di dodici metri rispetto al perimetro originario della basilica.
Da tutto ciò derivano sia l’intrigante titolo del libro che la trama narrativa che gradualmente svelerà il mistero. Un mistero avvincente, originale lontano dai soliti schemi basati sulla concretezza storica che gli conferma ulteriore spessore e fascino.
Tutto ciò si rileva in maniera chiara ed esemplificativa anche nel brano citato qui di seguito:
<<Il mattino seguente Marco chiamò la Soprintendenza di Pisa e, dopo gli inevitabili rimpalli da un interno all’altro, riuscì a parlare con l’ufficio competente spiegando l’accaduto. Il suo interlocutore, un uomo dalla voce profonda e calma, gli assicurò che in mattinata qualcuno di loro si sarebbe presentato sul posto per verificare i fatti, ma l’ingegnere ebbe la netta sensazione di essere trattato con un distacco forzato, che interpretò come arrogante sufficienza.
Nel frattempo Luca si era portato sul prato antistante con gli operai; avevano programmato il primo intervento, ovvero la posa di una serie di pali metallici che sarebbero serviti da ancoraggio per una rete di contenimento da posizionare intorno al lato est del perimetro. Le operazioni di posa procedevano senza problemi già da un paio d’ore quando un’auto si fermò davanti alla Basilica. Pochi istanti dopo lo sportello si aprì e scese una donna sulla trentina, alta, slanciata e avvenente; capelli scuri lunghi sfilati incorniciavano un viso leggermente abbronzato sul quale risultavano grandi occhi neri. Indossava jeans attillati e una maglietta sfacciatamente aderente. Ondeggiando sicura sui tacchi si diresse verso Marco che la stava fissando estasiato; gli si fermò proprio di fronte e chiese con voce sicura:
“Sa dove potrei trovare l’ingegner Marco Gesi?”
Marco rispose balbettando:
“So-sono io.”
Con questo romanzo breve Di Pede conferma dunque la capacità di proporre al lettore una vicenda che oscilla tra presente e passato, tra descrizione accurata e inventiva che gradualmente svela un mistero avvincente che solo la scrittura può evocare passo passo, suscitando l’attenzione di lettori di varie generazioni e con gusti e interessi diversificati.
Valeria Serofilli
Caffè dell’Ussero 10 febbraio 2017