“ANTEPRIME IN OMBRA” DI FRANCO SANTAMARIA: POCHE OMBRE E TANTA LUCE Nota di lettura(.pdf) di Valeria Serofilli al volume Anteprime in ombra di Franco Santamaria (Kairòs edizioni, Napoli, 2013).
Il libro di poesie di Franco Santamaria, di recente uscita per i tipi di Kairòs edizioni di Napoli, rappresenta una tappa significativa del percorso artistico ed esistenziale dell’autore. Costituisce un’espressione matura del suo stile, ormai consolidato e riconoscibile.
Si tratta infatti di una pubblicazione che consolida il suo approccio individuale con la poesia e la sua visione del mondo, il suo stile e il modo in cui esprime e manifesta un atteggiamento polivalente, articolato, una specifica alternanza di linearità e sostanza a fianco di “un continuo specchiarsi di materia e spirito”, facendo ricorso all’efficace sintesi utilizzata da Nando Vitali nella quarta di copertina.
Il volume si basa come detto su una serie di significativi contrasti e accostamenti, il primo dei quali, in un certo senso, può essere individuato già nel titolo: Anteprime in ombra. Quasi una frase programmatica e simbolica: “anteprime” richiama la visibilità, una presentazione ampia e nitida, di stampo quasi cinematografico, il richiamo al pubblico a chi osserva ed ascolta. Il tutto è negato, con suasivo contrasto, dalla controparte, quell’ineludibile “in ombra” che richiama invece stanze chiuse, luoghi consoni alla riflessione individuale.
Di notevole interesse è anche la natura intrinseca di questo volume, evidenziata opportunamente anche da Antonio Spagnuolo nella prefazione: il libro, di per se stesso ricco di contrasti, rappresenta una contrapposizione anche a livello temporale, in quanto costituisce una rielaborazione operata dall’autore di suoi scritti precedenti. I vari livelli di lettura si intersecano e si sovrappongono in modo articolato e fertile. Il volume contiene inoltre anche varie interessanti note critiche, ognuna delle quali aggiunge un tassello al mosaico e in qualche modo interagisce sia con la silloge di cui si occupa specificamente sia con la scrittura di Santamaria più in generale.
Le liriche del volume in genere sono brevi, costituite da versi secchi, che raramente si distendono , più spesso tendono a concentrare il succo , l’essenza, in poche sillabe:
Giorno
Voli e voci
Notte
Inconsolabile lutto
(da “Antitesi”)
I temi trattati sono quelli legati all’osservazione della natura, allo scorrere del tempo, al modificarsi e al permanere degli affetti. Il rischio di scadere nel prevedibile e nel banale tuttavia è sempre scongiurato da Santamaria tramite una riflessione spontanea, mai imposta, mai fatta cadere dall’alto come una sentenza. Piuttosto c’è la ricerca di un’emozione condivisa, spesso evocata da un dettaglio, da un aspetto apparentemente minore o secondario. In realtà in quel dettaglio è celato il senso:
Sotto schegge di tegole
nidi di rondini sono scorza
di verde limone.
Quei nidi distrugge (…)
Il nuovo padrone di casa.
Nera rete d’ali.Rapace s’allegra
al sangue innocente.
A pietà
nuvole oscurano il giorno,
un fremito a lutto
nell’aria si batte.
(da “Nidi di rondini”)
C’è, nelle poesie di Santamaria, una consapevolezza del male, ma, al di sopra, un richiamo all’umanità, affinché possa prevalere il bene. Citando la parte conclusiva della nota di lettura di Luigi Daga riportata nel libro, possiamo affermare che quello dell’autore è “un grido puro ed incontaminato, di amore e non di odio”. Anche la stessa Natura sembra incarnare il conflitto e prendere parte, schierandosi . Come nella lirica di pagina 42, “Il ritorno”, in cui “il ritorno ai vecchi alberi/ non più/ odora di incenso e di sacre zagare” e nella parte finale “qui, nessuno ancora conosce/ il caldo sapore della difesa”. Quasi un richiamo alla necessità di rispondere agli attacchi del tempo e del male così come fa la natura. Ancora più evidente risulta il tutto nei versi della poesia “La voce della vita”, dai pregnanti versi conclusivi: “Io la sento amica,/ anche segnata da rinnovate mestizie”.
Non si pensi tuttavia ad una visione onirica e irrealistica. È opportuno ribadire la consapevolezza dell’imperfezione e del male che domina e si insinua ovunque. Non è un caso che il titolo di una delle sillogi di cui è costituito il libro sia un perentorio “La mia valle non è la valle dell’Eden”. E la distinzione tra il sogno e la realtà resta nitida e netta.
Si vedano al riguardo, fra i numerosi esempi possibili, le liriche “Falso e vero”, “Nuovo giorno d’affanni”,“Una amata nel sogno” :
Amo. Non so, una amata nel sogno.
E tu non amarmi, che di me solo
ragioni e invochi così spesso la morte.
Non amarmi: io attendo un’anima diversa;
lasciami cercare una strada
come nel gioco delle bocce
e correre sulla terra bagnata di pioggia
dietro colei amata nel sogno.
(da “Una amata nel sogno”)
Citando la nota critica di Nereo Vicari riportata in calce al volume, potremmo dire che l’identificazione tra lo stato d’animo di Santamaria e la natura, intensa come ambiente in cui opera e vive e respira l’uomo, è totale e totalizzante. Vicari parla della Basilicata, terra a cui Santamaria è legato da profonde radici, ma il discorso del legame per la terra va inteso in senso più ampio e generale. “Il poeta è indissolubilmente legato a questa terra e per essa vuole lottare”, e, prosegue, “dal malessere della sua terra deriva il suo malessere” (pag. 92). Il pessimismo dell’affermazione “la mia gente/ per me anche s’immola/ tanto tempo io perdo della vita/ a stringere un pugno d’aria”, è compensato dalla tenacia della speranza, “le mani muovete, eredi/ di calda umanità […] un soave bisbiglio d’amore/ delle api ascoltando/ dai fiori” (pag. 53).
Per concludere, un libro intenso e fuori dagli schemi questo di Franco Santamaria, testimonianza di un percorso schietto, sincero, basato su sentimenti autentici. Una poesia solo apparentemente semplice, in realtà concentrata da tempo, con tenacia, sui temi di reale importanza, sulla necessità da parte dell’umanità di conservare un proprio spazio vitale, radici autentiche e sentimenti degni di essere vissuti.
Valeria Serofilli
Caffè dell’Ussero di Pisa, 26 Aprile 2013