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Venerdì 24 Febbraio 2012 - Valeria Serofilli presenta il volume Il portone di via Ghibellina di Annalisa Macchia

Incontri al Caffè dell'Ussero di Pisa > Incontri Letterari 2012
ANNALISA MACCHIA E L’ENIGMATICO E MAGICO PORTONE DELL’ESISTENZA
Nota di lettura(.pdf) di Valeria Serofilli al volume Il portone di via Ghibellina (puntoacapo Editrice, Novi Ligure 2011) di Annalisa Macchia.

La recente pubblicazione di Annalisa Macchia Il portone di via Ghibellina, edita nel 2011 per le Edizioni puntoacapo di Novi Ligure, dal punto di vista della lunghezza si colloca tra il romanzo breve e il racconto lungo, genere che ha di per sé una tradizione abbastanza antica e che in considerazione della rapidità e dei ritmi incalzanti della realtà odierna, vive oggi un periodo di ampia rinascita e diffusione. Il romanzo riassume gli interessi che orientano la produzione letteraria della Macchia, già autrice di favole e poesie per adulti e bambini, racconti per l’infanzia, saggi e ricerche. La protagonista Carlotta, alias Carlo, soprannome in apparenza maschile, si descrive con le seguenti parole: <<… sono donna, femmina in ogni cellula del corpo… [un] metro e ottantadue per oltre cento chili. Tuttavia lo strato adiposo è armoniosamente distribuito e la mia figura vanta piacevoli proporzioni … [una] fiammeggiante criniera … pelle chiarissima ma senza le lentiggini … una non comune forza fisica>>. Oltre a Carlotta / Carlo, troviamo un altro elemento da analizzare con attenzione: un portone, anzi “il” portone di un palazzo del centro di Firenze. Il portone, la soglia, l’oggetto rituale proprio dei riti di passaggio che, tuttavia, non indica solo il varco ma invita a superarlo, la porta del sole che rappresenta l’uscita dal cosmo al di là delle limitazioni della condizione individuale, il cancello dei sogni, recinzione e proiezione, simbolo, come scrive l’autrice, di quella porta riservata dal destino ad ognuno di noi. Questo elemento, reso evidente tramite la collocazione privilegiata nel titolo stesso del volume, apporterà una svolta fondamentale anche al destino individuale della protagonista. La scintilla iniziale che mette in moto il meccanismo narrativo è il lavoro offertole da uno studente di origine africana Kappa, così chiamato dalla protagonista per l’impossibilità di pronunciarne il nome esatto. L’incontro con quello che diventerà
l’uomo della sua vita, avviene in seguito ad un’aggressione durante la passeggiata rituale con i cani da lei accuditi. Solo uno degli animali risulta ferito, mentre lei viene a conoscere il poliziotto che poi risolverà il caso e il cui nome, per un gioco forse deliberato dall’autrice anche per sottolineare il destino incrociato dei due protagonisti, è Carlo.  Giochi di parole che rendono il romanzo lieve e frizzante, giocato tra illusione e realtà. Al di là del piccolo fatto di cronaca in cui viene coinvolta la protagonista senza particolari danni personali, è possibile individuare risvolti molto più complessi, in cui farà luce il poliziotto Carlo. Complotti, tresche internazionali dei cui dettagli non stiamo a riferire per non togliere al lettore il gusto della scoperta progressiva. Il linguaggio è colloquiale ma anche ricercato, farcito di espressioni toscane, modi di dire e proverbi al limite del gergale per dare il senso di credibilità e colore locale. Il portone di via Ghibellina è dunque un romanzo molto variegato non solo dal punto di vista  linguistico ma anche per quanto concerne la trama che si basa su modelli differenziati che spaziano dal poliziesco alla love story e alla letteratura giovanile, il tutto però conservando l’impronta realistica. Tuttavia, secondo il punto di vista di Marco Scalabrino, <<tutte queste diverse trame riunite tra loro come se si trattasse di capitoli teatrali, sono il pretesto per traghettare quella esortazione, l’opportunità per effondere amabilmente il suo sentire, il varco per contagiarci il suo entusiasmo all’impegno sociale. In definitiva la vera scaturigine del racconto.>> Concordo con quanto afferma Scalabrino in quanto il romanzo, pur essendo credibile e ben costruito, in realtà racchiude la volontà di esprimere un messaggio più ampio: quello della ricchezza degli incontri e dei destini reciproci, dell’incrociarsi delle esistenze con le loro caratteristiche, difetti, limitazioni, contraddizioni, egoismi ma anche la volontà di accrescimento interiore, nell’alternarsi delle vicende come nell’entrare e nell’uscire dall’enigmatico e magico portone dell’esistenza.  
Valeria Serofilli       
Pisa, Caffè dell’Ussero 24 Febbraio 2012.  


 
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