Con il suo
Fedro rivisitato, Bastogi ed. prefatore Dino Carlesi, Valeria Serofilli non vuole semplicemente rendere omaggio al grande Favolista latino facendo della sua prosa un manieristico gioco di sintesi poetica, ma intende offrirne rilettura secondo una chiave interpretativa propria. Che lascia in un’ottica di purezza l’impianto favolistica e il significato fondante, reintessendolo però di fili personali smaltati di ironia.
Ironia che si decanta nel gioco sfaccettato delle immagini, cesellate ma non deformate, attinte ad una realtà policroma, che insuffla nel nuovo atto creativo autarchico respiro.
E questo suo sardonico giocare con il verso e il suo significare mi riporta alle pieghe e alle immagini pudicamente canzonatorie della poesia Caramelliana in Il libro liberato, anche se la Serofilli in Fedro rivisitato si attiene ad un senso gnomico d’origine.
Infatti, rapportandosi a Fedro dell’edizione Rizzoli 2001 a cura di Enzo Mandruzzato, l’Autrice in “Ugual dose” scrive: “Ma tu sii parco / nell’intristir o / nel rallegrar la faccia: / come il cielo, mutevole è la sorte./”
Da questi versi dunque, l’esplicitarsi di un’equanime e sagace chiosa di vita.
Poesia che avvince ed appassiona la sua, non solo per lo sguardo affacciato sul mondo degli animali, secondo il primigenio modello Espiano, ma per l’operazione di umana palingenesi introdotta da Fedro e ripennellata dall’Autrice.
Valeria Serofilli, poetessa di temperamento impavido e aracneo, ama la tenzone poetica rapportandosi a modelli di carismatica levatura per sondare, testare e rinnovare, in un fluido processo elaborativi, le proprie capacità intellettuali ed emozionali. A onor del vero indubbie e rimarchevoli.
Maria Grazia Maramotti