Nota critica di Andrea Salvini
(Da: Sul significato del "doppio" nelle raccolte di Valeria Serofilli)
...Vorremmo quindi fare un passo indietro e soffermarci sulla prima delle raccolte uscite della Serofilli, ossia su Acini d'anima per poi passare rapidamente a Tela di Eràto e quindi tornare ancora su Fedro. Sofferenza che disbrighi nel cuore… questo è, lo ricordiamo, il primo verso della lirica Acini d'Anima, quella che dà il titolo alla raccolta. L'Autrice comunica subito il senso di un dolore nascosto, di un dissidio segreto. Tale inquietudine, per non parlare apertamente di sofferenza del vivere, è reso evidente negli Acini, anche grazie al linguaggio "montaliano" coscientemente adottato, irto di suoni aspri che plasmano paesaggi ostili. Su questo, però, non ci sofferemeremo oltre. In molte delle liriche successive questo stato d'animo inquieto si traduce in un contrasto fra due mondi avversi e inconciliabili. Proprio il tema del contrasto fra due dimensioni diverse, che generano dissidio e inquietudine, prosegue e domina in tutta la raccolta. Consideriamo Eclisse e Tuo doppio, la terza e la quarta lirica della raccolta. Nella prima il sole e la luna si inseguono come i due amanti della leggenda di Ladyhawk sognando una fusione impossibile, o comunque rarissima come un'eclisse. In Tuo doppio invece il motivo del dualismo prende corpo in quello della maschera teatrale, da cui sembra sprigionarsi una riflessione sempre più inquietante fra ciò che si vede e ciò che non compare. Qui il contrasto richiama quello pirandelliano fra la ricerca di un apparire quotidiano che dia sicurezza, seppure falsa, e la ricerca di un'interiorità che dia senso. E' quanto emerge ancora in Mio padre, forse una delle composizioni più autentiche della Serofilli, dal momento che riflette il percorso interiore che tutti più o meno attraversiamo da quando nell'adolescenza entriamo in contrasto con le figure genitoriali, finché non le riscopriamo da adulti, magari avendo figli a nostra volta. Il senso di questa lirica si concentra nella simpatica e felicissima immagine finale dell'opposizione tra guscio e uovo: Mio padre: / credevo fosse guscio / invece è uovo, / di quelli giallo-arancio / al tegamino, / o a Pasqua da scartare: / perché di cioccolata / e con sorpresa!. Qui il senso del contrasto appare felicemente risolto, ma è un evento piuttosto raro nella poesia della Serofilli.
In Finestre vestite torna ancora il dualismo, enunciato chiaramente all'inizio, ciò che ci ha fatto pensare a questa lirica come ad una vera e propria dichiarazione di poetica: E' un patto tra due mondi: / tra me nella cucina e il gatto fuori. Il componimento si sviluppa poi sul senso di un'attesa che il micio di casa, simbolo a nostro avviso di una realtà indecifrabile, si decida ad entrare dal giardino nella cucina piena di odori rassicuranti. L'Autrice rimane a guardare la bestiola enigmaticamente immobile, da dietro le finestre, ma l'attesa è destinata a rimanere inappagata, ovvero la realtà non si rivela, come suggerisce appunto il verso: se apro non entra. La raccolta si conclude con Scacchiera, che si ispira, come sappiamo, ad una delle più note liriche delle Occasioni di Montale. Ogni scacchiera è formata da un implacabile reticolo di quadretti chiari e scuri, da cui i pezzi non possono fuggire, ma solo giocare, o meglio, lottare per giungere, ma solo qualche volta, a fare scacco matto. La scacchiera che abbellisce i nostri soggiorni se rimane lì inerte, è un confortante oggetto quotidiano, ma se due persone decidono di usarla per la sua funzione, diventa un inquietante strumento di sopraffazione reciproca. Chi conosce il gioco della dama o quello degli scacchi, sa su quale sottile crudeltà esso si fondi nel duello fra l'angoscia di chi si vede mangiare un pezzo dopo l'altro e la gioia sadica di chi sente di prevalere ad ogni mossa.L'allegoria del gioco degli scacchi può riassumere così il filone del dualismo conflittuale quale ci è sembrato di coglierlo in tutti gli Acini. La scacchiera diviene così uno dei più riusciti fra gli oggetti epifanici di cui è ricca la poesia della Serofilli: come abbiamo avuto già modo di scrivere, le sue liriche più riuscite ci sembrano proprio quelle che scaturiscono dalla contemplazione di un oggetto, da cui scaturiscono profondi significati esistenziali, o, comunque, stati d'animo coinvolgenti. (...).
ANDREA SALVINI