Nota di lettura di Valeria Serofilli al testo Vai al negozio all’angolo e comprami un’arancia (Edizioni Joker, Novi Ligure, 2007) di Luca Orrico.
Un volume, questo di Luca Orrico, che esula dagli schemi poetici standardizzati.
Il titolo stesso Vai al negozio all’angolo e comprami un’arancia che ricalca titoli già particolari ed iperbolici utilizzati dall’autore nelle precedenti raccolte quali La volta che mangiammo il cuore del diavolo (2005) e Una luna da fare schifo e troppi gatti innamorati (2006), esprime in modo del tutto insolito l’invito ad amare, ricercando la felicità magari proprio dietro l’angolo.
Come tutti i frutti con molti semi, infatti, l’arancia è simbolo della fecondità: in molti paesi era antica usanza offrire arance alle giovani coppie e addirittura nell’antica Cina regalare arance ad una giovane significava chiederla in sposa.
Nella lirica di pag. 43 che dà il titolo alla raccolta, l’autore specifica che tale espressione criptica e confidenziale indica una forma di congedo che tuttavia lascia aperti nuovi sbocchi di incontro e dialogo:
<<(…) non c’era / nessuna arancia, / non c’era nessun negozio / era soltanto / il nostro modo di salutarci>>.
Il succo dell’arancia–vita è giallo aranciato e il giallo intenso, violento, fino ad essere stridente, è il colore che domina la raccolta e a cui ben si addice.
Pastoso ed accecante, il giallo è il più caldo, il più ardente dei colori, difficile da confinare in uno spazio, il più divino dei colori e al tempo stesso “il più terrestre”, come ha sottolineato Kandinsky.
Al giallo Orrico dedica un’intera poesia di vangoghiana memoria:
<<Il giallo / è il colore / dominante, / almeno qui / dove mi
trovo / adesso, / letto giallo/ comodino giallo / sedia gialla / con me
seduto sopra / sguardo giallo / assatanato / e armadio giallo /
a 3 ante … >> (“Giallo”, pag. 67)
Non solo lo sguardo ma anche il gesto illogico, per l’autore è giallo (in “Se volete l’amore cercatelo altrove”, pag. 17).
Una poesia dunque dal linguaggio antiretorico, ironico e paradossale, in grado tuttavia di veicolare suggestive e sapide immagini d’amore.
Valeria Serofilli
Pisa, 16 Maggio 2008