Nota di lettura(.pdf) di Valeria Serofilli al volume Leggi una donna (Kairós Edizioni, Napoli 2015) di Lorena Turri.
Un autentico invito a indagare il mondo dell’universo femminile il volume Leggi una donna che Lorena Turri ha pubblicato per i tipi di Kairós Edizioni di Napoli nel gennaio 2015 e prefato da Antonio Spagnuolo, curatore della collana “Le parole della Sibilla”.Una pubblicazione, la prima della Turri, frutto di un premio editoriale ricevuto dall’Autrice per essersi classificata al primo posto del Concorso Voci di Abano Terme del 2014,sezione poesia, organizzato da IPLAC.
Una esortazione rivolta all’uomo, amico, amante, compagno o addirittura figlio che sia, ma anche a tutte le donne che in questi versi si possano riconoscere e trovare la forza per risorgere.
Così, partendo dal quotidiano per giungere all’universale, come professato dal grande Aristotele, Lorena Turri si fa voce di donna.
<<Parto sempre dal quotidiano>>, scrive infatti l’autrice, <<da me, dalle mie esperienze, dal basso, con l’intento di salire verso un sentire comune, verso un universale che chiamo cielo. Salgo e scendo scale, in sostanza, scrivendo . Uso quasi esclusivamente la prima persona per interpretare me stessa ma anche gli altri>>.
Questo il messaggio della poesia eponima, che trova eco in Io Donna come in tutte le poesie contenute nelle sei sezioni in cui è articolato il volume. Una donna - libro che molto spesso gli uomini leggono solo per metà. Ma non i poeti, aggiungo, perché solo i poeti sanno tutto il resto (…) vedono il “Paradiso e anche l’Inferno”. Sei sezioni in cui la poetica dell’Autrice non è ingabbiata dalla rima né da una comunicazione immediata e semplificata del suo travaglio interiore. E la Turri sta ungarettianamente sola, distesa come il mare senza più sensi né un senso, (da Io e il mare).
Una solitudine che leggendo il libro, sembra avere inizio una volta coniugatasi, mentre “mai da solo palpitava il suo cuore da bambina e adolescente” (da Intanto crescevamo). Solitudine ma non rassegnazione, perché chi ha la forza di generare non si può arrendere alle difficoltà. Il suo poieo è un’intima necessità, quella di urlare un urgenza assai comune, veicolata dalla bellissima e suasiva immagine di chi, dopo aver stirato le lenzuola, si accorge di non aver nessuno che ti aiuta a piegarle: “è in quel momento che devi farti forza e allungare le tue braccia più che puoi2 ( nota alla seconda sezione Di solitudine,silenzio,speranza).
E la Turri lo fa con un verso libero proprio dell’ultimo novecento, inserito in un ricco apparato fonoprosodico di consonanze e allitterazioni, che conferiscono una forte musicalità alla versificazione. Un esempio su tutti:
Il mio silenzio sgocciola su un foglio
appeso con un cappio ad un perché.
Con me lontana, in cerca d’agrifoglio,
cola il pensiero gravido, da sé.
Non è una novità se ancora piango
tentando della luna d’afferrare
il cerchio della luce, il casto tango,
il senso della sfera e il suo ultimare.
(…)
(da “Io, poeta”).
Il tono è colloquiale, malinconico, ma a volte intriso d’ironia e pungente autoironia,
con occhio rivolto ad Oscar Wilde, autore caro alla Turri.
Un’esplorazione poetica dunque, questa dell’Autrice, sia dell’universo femminile tout court che del suo personale microcosmo. Un terreno da esplorare intimo e delicato, perché sfogliare una donna significa leggerla nelle sue infinite sfaccettature di diamante.
Una ricerca condotta con tenacia, sincerità ed acutezza, permettendo al lettore di immedesimarsi a sua volta nelle dimensioni opposte sia del dolore che, sul fronte opposto, di una tenace ricerca di una dimensione più vivibile e umana. A parte tutto sorride (“A parte tutto”) e aspetta (“Ti aspetto”) chi l’ha ferita e offesa. Perché anche il dolore più grande può ammutolire oppure dare voce e infondere la necessità del canto, spingere a cercare l’oblio oppure fare riscoprire a poco a poco una memoria comune in un dialogo con se stessa, se andarsene o restare:
(…)
Perché, quando tu sarai stanco di andare
e io stanca di restare,
a quella porta ci appresseremo entrambi,
tu per entrare,
io per uscire.
(…)
(da “Andarsene o restare”).
Eros e Thanatos dunque, fin dall’immagine riportata in copertina, raffigurante due ballerini forse balinesi incastonati in un cammeo di luce giallo oro sole, in complementare gioco di colore col cielo cupamente viola e scelta dalla Turri per l’atteggiamento ambivalente di possesso e sottomissione, ma anche di fierezza da parte della donna. Perché l’anima della donna è una piccola luce che brilla, nonostante tutto.Questo anche il messaggio dell’haiku conclusivo “Venere”, in sapida ring composition col verso finale della poesia eponima in cui “la parola fine lascia il posto a una piccola luce, che è la sua grande ANIMA”(da “Leggi una donna”):
Notti di tigli
e un vanigliate d’albe
Venere brilla.
(da “Venere”)
A Lorena Turri, poeta e donna, non possiamo che dire grazie. Grazie perché da questa sua situazione di disagio è sbocciato un fiore, il fiore della poesia, avvalorando l’espressione “Nulla sapevo poi incontrai la poesia”, posta ad esergo della quinta sezione del volume qui oggi presentato, cui la sensibilità, la fierezza e in primo luogo l’originalità e la sincerità dei versi, conferiscono il valore di testimonianza oltre che di valida opera letteraria.
Valeria Serofilli
“Essere” poeta è nell’anima di Alfredo Lucifero e delle sue parole, che fuoriescono dalla loro zona d’ombra per ricercare voci e testimoniare della propria unicità, storia e ambivalenze.
Come sottolinea Jung “ (…) un’opera d’arte è la forma più elevata di manifestazione dell’esigenza di trasformazione (…) di cui l’artista si fa interprete conferendo alla creazione personale una pienezza di senso che coinvolge tutti”.
Nel caso di Alfredo Lucifero questa pienezza di senso si estende a più campi, da quello letterario a quello artistico-scultoreo. Come ho già avuto modo di evidenziare nell’ambito del mio intervento critico relativo alla precedente pubblicazione dell’autore quale Sono nato ora, la poesia di Alfredo Lucifero è caratterizzata da una vocalità complessa, tesa ad esprimere il sé e l’altro da sé. Appare forse questa la peculiarità di maggior rilievo dell’opera letteraria come scultorea: la lucidità della visione, impersonificata da Ulisse, ancora lui, figura imprenscindibile il cui percorso dura anni ed è preceduto da immense attese e seguito da lidi sconfinati di rimembranze, rimpianti e volontà di ripartire di nuovo nonostante tutto.
Il suasivo disegno di De Chirico riportato in copertina, ben raffigura il concetto che forse il vero viaggio è il ritorno da ogni dove senza essere andati da nessuna parte se non dentro sé stessi, in un gorgo riflessivo che induce a smarrire la rotta oppure a ritrovarla nell’attimo in cui si accetta che il viaggio non è il punto d’arrivo ma il percorso.Che la meta non è fisicamente individuabile ma è dentro noi.
Questo vale sia per la raccolta di racconti Ulisse e altre storie pubblicata per i tipi di Bastogi nel 2004, che per la più recente pubblicazione qui oggi presentata.
Leggiamo infatti in Ulisse e altre storie:
“Da sempre abitava in quel luogo; ma in realtà non c’era mai arrivato …”,
“… la sua memoria trasfigurava gli attimi in pensieri; solo la memoria del percorso nel futuro avrebbe potuto aiutarlo a ritornare nel luogo incantato dove aveva visto la luce del sole dopo pochi istanti di nascita …”>>. (p.106).
E in Esserci: “Lo scopo della vita/ è ricercare se stessi ..in quell’alba rosata/ (…) in un viaggio per conoscere/ quale sia il punto di arrivo”.
Una raccolta, Esserci, che ha sia valore come volume in sé per la lirica, evocativa, suasiva, musicale e sapida che propone, sia come testo rappresentativo di un’intera esperienza poetica, un’esistenza in cui l’arte e la poesia hanno svolto e svolgono un ruolo attivo, di presenza e poetica, compagne di viaggio e allo stesso tempo, meta, destinazione reale e ideale, da inseguire tramite la pratica quotidiana del verso come del “tocco” scultoreo.
Una pubblicazione, Esserci, che segna un ulteriore passo di Lucifero poeta verso un livello immaginifico e simbolico che ha aperto a sua volta nuovi traguardi di comprensione, per giungere ad una consapevolezza di linguaggio poetico ormai assai ben riconoscibile nel panorama letterario attuale.
Valeria Serofilli
Pisa, 28 Gennaio 2016