Da Pomezia – Notizie, Anno 12 - (Nuova Serie) - n. 10 - Ottobre 2004 - pag. 33
di Domenico Defelice
Abbiamo letto, nel corso degli anni, varie versioni delle favole di Fedro. In particolare, ricordiamo quella di Balilla Pinchetti, apparsa nel 1954 nella BUR, la Biblioteca Universale Rizzoli.
Se è vero che ogni traduzione è un tradimento, non può che esserlo anche il Fedro rivisitato di Valeria Serofilli, la quale della favola originale (ma di quale originale? Anche Fedro si servì di Esopo e la Serofilli segue un recente testo di Enzo Mandruzzato) prende solo lo spunto, o ne dà il contenuto per sommi capi, elaborando brevi testi poetici ( la sinteticità era una dote dello stesso Fedro: “ chiedo che alla stringatezza mia – rivolgendosi ad Eutichio – tu conceda quel premio che hai già promesso”), personalissimi, arguti, ironici, scanzonati, sentenziosi, dai versi altrettanto brevi e dalla cadenza rivoluzionata, a volte un vero pugno nello stomaco di chi è abituato alla prosodia regolare.
Nel volume, allora, c’è Fedro, ma c’è molta Serofilli dalla profonda e classica cultura, che la garbata arguzia non riesce del tutto a mascherare. Così, non meraviglia se, per esempio, un bel momento vi spunti addirittura Pirandello o se, nella seconda parte de L’anfora, i versi “il più crudele degli affanni / ricordarsi è / dei felici anni!”ci riportino dritti dritti a Dante e alle parole dolenti di Francesca: “Nessun maggior dolore / Che ricordarsi del tempo felice / Nella miseria”.
Un tascabile veloce ed intrigante, dunque, il Fedro ritrovato della Serofilli, la quale, dopo gli sproni a ricondurci nei termini etici della verità, della sincerità, della giustizia, sotto sotto ci invita a rileggere non solo Fedro ed Esopo, ma i classici in generale, ossatura e polpa della cultura universale, classici dei quali farebbe bene a tener conto molta moderna poesia bislacca.
DOMENICO DEFELICE