di Floriano Romboli
Valeria Serofilli è una giovane e valorosa poetessa che ha già al suo attivo varie raccolte di versi.
Occorre citare almeno Acini d'Anima (Pisangrafica, Pisa, 2000), Tela di Eràto (Sovera Multimedia, Roma, 2002), nonché il brillante, acuto lavoro di rielaborazione intellettuale e stilistica di un'opera antica consegnato a Fedro rivisitato (Bastogi, Foggia, 2004).
Vi è poi Nel senso del verso, proposto lo scorso anno dalle Edizioni ETS di Pisa con corredo di CD contenente letture e interpretazioni musicali. Si tratta di un interessante e sofferto work in progress, di un progetto di proposizione/selezione di temi e di soluzioni formali sperimentati in liriche già note e in altre inedite, le quali costituiscono una sorta di “scrittura intermedia”, un corpus testuale provvisorio che conoscerà strutturazione più compiuta in un nuovo volume concepito all'insegna della fedeltà convinta e ammirata alla lezione poetica di Mario Luzi.
Il grande poeta toscano risulta referente prestigioso anche di questa fase letterariamente preparatoria, sempre meditata e impegnativa, testimonianza d'altronde di una seria ricerca artistica, che si rivela sintesi raffinata di non superficiale cultura e di appassionata esperienza di vita.
In un componimento compreso in Tela di Eràto l'autrice s'interroga sul significato e sul valore generali della poesia, concentrandosi in una nota di autodefinizione culturale, in una dichiarazione di poetica, ove l'intento critico e riflessivo si unisce al vivace, mai banale contrappunto linguistico-espressivo giocato sul richiamo dei significanti:
Colpi inferti dalla vita
puoi smussare con la tua rima,
per fare girare, con la parola,
la ruota come vuoi che vada;
è il barlume che ti vela
la realtà, poi la disvela
e come luccichio di cera,
luce leva e poi
rivela.
("La poesia", in Tela di Eràto)
Due sembrano le finalità qui attribuite al discorso lirico; accanto al riconoscimento di una funzione confortatrice, spiritualmente consolatoria, se ne sottolinea lucidamente il carattere conoscitivo (il “disvelamento rivelatore”).
Sono aspetti sicuramente ravvisabili nei testi della Serofilli: il primo però con valenza incidentale, secondaria, il secondo con importanza costante e decisiva.
Infatti per la scrittrice la poesia è tensione intellettuale, ricerca di senso :
Parole stese al sole / ad essiccare
magma di come, quando
magma di parole
per farne uscire il senso il verso il canto
Arresta il perfetto / l'ansia
di superamento / ma noi
la cui misura è l'imperfetto
la ricerca intraprendiamo di quel senso
per rivestire larve di non detto!
(dalla poesia "Nel senso del verso" che dà il titolo alla raccolta omonima)
Gli è che la volontà di conoscenza poetica immette l'autrice, fin dalle origini del suo itinerario estetico-letterario, nel vivo della dinamica naturale, in un'ansia di immedesimazione tonificante. Leggiamo dalla prima silloge Acini d'Anima:
Tavola sei
nella Canicola estiva
quando l'acqua languisce
e con stanca spuma d'onda
la tua costa lambisce
Pigramente
t'insapora di salsedine
le sponde.
Ma a spirare di brezza
ti spumeggi
e cresta ti s'increspa
E se il vento incalza
t'incapricci
e inizi la tua danza,
sino a farti tant'alto da sfiorare l'ala
di chi, migrando, sul tuo corpo trasvola
Poi affranto,
distendi le tue spoglie lungo il ciglio (…)
Acme e baratro:
così l'ispirazione che a cuor bisbiglia
e l'animo da quieto,
turbina e poi sfavilla…
("Mare", in Acini d'Anima)
Ogni lettore può agevolmente constatare la frequenza degli spunti naturistici nei versi di Valeria Serofilli:
“Ti vesti e ti rispogli e ti rispogli di colore. / Sole che regala i raggi e / in un istante si fa luna anche / per essere al contempo giorno e notte (...) uno solo fu il momento che li strinse / all'altro l'una: / quando sole a mezzogiorno sposò luna / per fondersi in eclisse ("Eclisse", in Acini d'Anima);
“La terra assetata dal profondo / apre le fauci / corruga i solchi della fronte incartavetrati e corrosi dall'arsura, / increspa il dorso fino alla screpolatura ("Arsura", in Acini d'Anima);
“Sole / fra rami / t'affacci e ti dipani / spandi l'umore / senza permesso / spendi e sfaccetti / sui vetri il tuo talento / Perché a te solo / tutto questo è concesso?” ("Primo sole", in Tela di Eràto);
“Impensabile / non pensarti: / nell'impensabile pensarti. / Sei nelle foglie, nella linfa / degli arti. / Il tuo volto troneggia impera / si fonde / nelle alte teste / dei faggi si confonde” ("Impensabile", in Nel senso del verso).
I riferimenti alla natura si animano sovente di tratti antropomorfici, in una prospettiva di stimolante interscambio:
“Stilla / acqua sapida / da ancestrali voglie, / mosto vivo / di maturato sole ancora intriso, / nel lento caldo abbraccio dell'amore: / viticcio che avviluppa in un sol corpo / Interne estati trasudino / maturate vendemmie” ("Intima essenza", in Tela di Eràto);
In questo testo è interessante notare il crescendo ritmico congruente con la celebrazione della vitalità naturale da cui la poetessa si sente potentemente attratta; del resto la partecipazione intima al moto vitale della natura si rivela felicemente congeniale al suo proposito di decantazione emozionale e di esplorazione intellettuale.
Ritengo che tale disposizione mentale si concretizzi significativamente a livello formale nella scelta preferenziale della figura della similitudine:
Il corpo sosta
e la mente vola.
Si fa pesce azzurro
che dalla maglia più larga
si separa dal gruppo
per rigettarsi viscido
nel flutto.
E' l'assolo
della goccia sulla foglia:
la battezza tentenna poi tintinna
e fra le altre confonde
la sua linfa.
Infine riarsa
su se stessa s'accascia.
(...)
(Estasi panica, in Tela di Eràto )
E in Nel senso del verso, in un luogo impreziosito da un tocco leggero di quella vasta cultura letteraria che contraddistingue lo stile compositivo della Serofilli:
“La vela in lontananza / scorre / e col rosso si fonde / finchè arrossa e / all'orizzonte s'affossa. / Liquida anch'io / rapita mi volgo: / Stendhal impera” (“Presepe di mare” in Nel senso del verso). E ancora:
“Portami d'Ulisse / gioia di ritorno / l'abbaio felice ad un guinzaglio, / da lunga attesa nascita d'abbraccio!” (Voce in conchiglia, in Tela di Eràto); “Lento l'Arno scorre / il suo elemento / nel senso / che del verso in sé condensa / l'azzurro dell'intero firmamento” (Acqua d'Arno, in Nel senso del verso); “Nata appena / come d'uva il mosto / appena sorta / com'alba da tramonto / schiusa / pistillo da corolla / liquida / com'acqua di sorgente / Tempo è di berci / chimerico piacere / tempo è di sorsi, aliti ed essenze” (Ebbra, in Nel senso del verso); Sulla tua pelle, amore / da zingara gitana / cercare muschi licheni / fragranze di genziana / Esogena cerchi / il sasso nello stagno: / così il tuo bacio, amore/ sulla pelle insazia / e nel farsi zolla / dal fulcro a sprigionare / del piacere la sua onda” (Sibilla in un'ampolla, in Nel senso del verso). Talvolta la similitudine si accorcia nella metafora, ad esempio quella della “scacchiera”:“Vita: scacchiera / bianca e nera / e noi / che brutta fine / ne siamo le pedine” (Scacchiera, in Acini d'Anima);“Sagoma di scacchiera /dipana / i troppi fili / che t'imbrigliano l'atto / trasparenti / ma non per questo assenti” (Uomo, in Tela di Eràto). Il vitalismo dionisiaco è fremito irrazionale, sconfinata libertà (“Ragione non intacchi / il turbinio di dionisiache danze / parole fradice d'uva / tra risa sgrondate / nel vermigliar dei tini; / non rallenti il tumido spremere / dal chicco l'intima essenza” (Intima essenza, cit.), ma, per dirla freudianamente, il principio di realtà è in agguato con le sue implicazioni limitanti. La poesia registra così la dura antitesi di costrizione e libertà, la lacerazione fra istanze di istintiva espansione e la necessità di regole coattive, ciò indubbiamente provoca sofferenza, senza comunque condurre e a esiti seccamente negativi e perciò sfiduciati e paralizzanti (“Ma se fai il giusto passo / puoi mandar tutto a buon fine / e anche far scacco matto! (Scacchiera, cit.). Rispetto alle precedenti raccolte Nel senso del verso rappresenta una tappa notevole di approfondimento e di maturazione stilistico-espressiva. Nei versi più recenti avviene infatti un'articolazione più incisiva dei temi già prospettati, si realizza un loro più marcato spessore concettuale alla luce di una rinnovata considerazione del tempo: “Ti chiedi se la vita / è solo in questo / un rincorrersi di albe / e di tramonti / lo strano avvicendarsi di ore / minuti / giorni…” (Percorso, in Nel senso del verso); “Non di calendario / il palpitante tempo che viviamo: / tempo nel tempo, tempo di << ti amo >> / I giorni non son tali / non tali i luoghi / Che età ho? / In che tempo? / Nata con te / di te mi nutro, / muoio in tua assenza / Auree le ore / con te al mio fianco; / sospesa durata / del nostro incanto! (Il tempo dell'amore, in Nel senso del verso). Il tempo si diversifica propriamente a causa delle interne scansioni qualitative, giacché può restringere o dilatare la sua durata: “Resta / Arresta il battito / a rendere eterno / questo nostro tempo!” (Il tempo dell'amore, cit.). Stante l'estensione dell'angolatura critico-visuale, dato l'incremento della passione riflessiva, si spiegano l'attenzione accordata ai temi sociali e l'apertura dimostrata riguardo all'asprezza delle contraddizioni storiche (“Disegni di vita / al posto della vita / Memoria perché non si ripeta / Quei colori ho negli occhi / e buio intorno!” (Memoria: i disegni dell'Olocausto, in Nel senso del verso), ma altresì la maggiore concentrazione formale e la superiore sapienza ritmico-compositiva: “Ma viversi addosso / è sopravvivere a sé stessi / perciò ti prego: / se non appieno almeno / il frammento / dello stesso, ché si rifranga quell'ampolla nell'adesso!” (Sibilla in un'ampolla, in Nel senso del verso); “Insidia il tempo il più acre controllo / aceto imbevuto / dolore molle / E la sostanza? Inutile domanda / tendente ad un rimbalzo d'assonanza / per l'accumulo di chiasmi / sarcasmo ad oltranza! La sostanza? / Preziosa domanda / nella sua tendenziosa irrilevanza…” (Disimpegno, in Nel senso del verso). Si è detto della struttura in fieri di questo discorso in versi della Serofilli. Esso non potrà no preseguire, probabilmente all'interno delle coordinate estetiche ed etico-intellettuali che si sono venute enucleando nel corso di un lavoro intenso e accurato, costantemente sotteso da un desiderio di partecipazione vitalisticamente curiosa alle forme varie dell'universo animale-naturale che forse avrà caratteristiche di crescente complessità, nel riaffermato, esplicito richiamo al modello luziano.Ho sotto agli occhi una nuova lirica, “Segmento di lucertola”, pensata specificatamente per il successivo e più organico volume, ove alla similitudine sembra subentrare la costruzione più ampia e diffusamente elaborata dell'allegoria:
Non dichiarano poetiche – dici i poeti veri Si dimena / il loro fare, segmento di lucertola in vortice eterno / eterno movimento all'unisono col pensiero / oltre il tormento, (tormentato canto) Lucertola in segmento, la poetica mulinello d'idee / forza centripeta che genera catarsi, sacrificio funzionale alla rinascita Coda che rinasce / reincarnato incanto / metamorfosi a oltranza E alla lucertola al sole / non rincresce di avere della coda solo un mozzicone perché tanto sa che le ricresce punto oltre da sé, da cui diparte / obbligato distanziamento che ne accresce la nostalgia di muro: prezzo che è ben valso il suo futuro. Se i veri poeti “non dichiarano poetiche”, la Serofilli sa bene di averlo fatto in alcuni passi dell'opera sua; ora comunque la preoccupazione conoscitiva appare lo scopo pressoché esclusivo della sua produzione artistico-letteraria, programmaticamente ispirata a una “poetica / mulinello d'idee”.
FLORIANO ROMBOLI
Pisa, 30 Marzo 2007