Nota di lettura(.pdf) di Valeria Serofilli al volume La luna e gli spazzacamini (Edizioni Del Leone, Venezia 2007) di Roberta Degl’Innocenti.
Ci dedichiamo questa volta ad un genere ad oggi trattato di rado nell’ambito degli incontri letterari all’Ussero di Pisa e Corliano, benché sia di notevole interesse in quanto rappresenti una delle radici fondamentali della narrazione di tutti i tempi: la fiaba. La tendenza principale dell’affabulazione è quella di trasformare la realtà in immaginazione, conservando però un importante riscontro a livello di significato metaforico, sia sulla dimensione attuale e concreta che sullo studio della natura umana, nelle sue sfaccettature archetípiche. Nonostante la tendenza generalizzata a considerare la fiaba e la favola quasi come sinonimi, si tratta invece di generi ben distinti in quanto la fiaba è una narrazione originaria della tradizione popolare caratterizzata da racconti medio-brevi, fantastici (fate, orchi, giganti , ecc.) coinvolti in storie con a volte un sottinteso intento formativo o di crescita morale (la cosiddetta morale della favola). La favola è invece un componimento estremamente corto, con protagonisti in genere animali dal comportamento antropomorfizzato o esseri inanimati. La trama è condensata in avvenimenti semplici ed infine l’intento allegorico e morale è molto esplicito, a volte indicato dall’autore stesso come postilla al testo. Ma la discriminante prima tra favola e fiaba è la presenza o meno dell’elemento fantastico e magico, caratteristica peculiare della fiaba e assente nella favola, basata invece su canoni realistici. E’ diffusa l’opinione che le fiabe siano tradizionalmente pensate per intrattenere i bambini ma non è del tutto vero e infatti il sottotitolo del volume della nostra autrice specifica “Fiabe per grandi e piccini”.
Tra i trascrittori di fiabe più noti della tradizione europea spiccano, tra gli altri, Charles Perrault (Francia), I fratelli Grimm (Germania) e i più recenti Calvino, William Butler Yeats (Irlanda) e Aleksander Afanasiev (Russia). Tra gli inventori di fiabe più celebri il danese Andersen, l’italiano Collodi (inventore di Pinocchio) e il britannico James Matthew Barrie, inventore di Peter Pan, personaggi a cui non a caso Ruffilli, nella prefazione al libro, paragona l’autrice, dotata delle stesse trillanti ali. In questo lavoro della Degl’Innocenti, particolarmente gradevole anche dal punto di vista tipografico, le caratteristiche fin qui elencate si palesano in modo evidente e significativo. Ecco che un universo ampio e diversificato di personaggi prende vita tra le pagine del libro: <<lo spazzacamino Pit Put, le fate Margie e Fosforina, la zanzara distratta, il coniglietto Virgola e la nuvola Biancolina, Mommi la pescatrice di conchiglie, Trecciolina, Bombolo il pesce del video, Perla e lo gnomo Zufolone, il folletto grasso, orso Bruno, per citare solo alcuni protagonisti>>. Ulteriore fascino è dato dai disegni di Andrea Gelici che ha creato per ogni favola un’immagine particolarmente suggestiva. Nell’ambito dei racconti la voce narrante si ricava uno spazio per fornire ulteriori dettagli e creare una sintonia con il lettore, sia quello reale che quello ideale, al quale in alcuni casi si rivolge, trattandolo come ascoltatrice (amica mia), in altre come gruppo (ascoltate). Un commento in alcuni casi che tratta la parte narrata sulla singola storia e in altri fornisce indicazioni di più ampio respiro sul valore della fiaba. A volte la voce narrante è uno dei personaggi della storia (il cosiddetto narratore omodiegetico, usando un termine della narratologia), come nella fiaba Trecciolina il cui titolo si colloca nella tradizione dei testi dedicati alla Principessa dalle lunghe trecce quali Raperonzola o Prezzemolina, oggetto d’indagine da parte del Propp nella sua Morfologia della fiaba. Nonostante il titolo, la Trecciolina della Degl’Innocenti segue però un percorso autonomo. Si tratta infatti di una bambola che descrive la propria esperienza quasi si trattasse di un personaggio in carne ed ossa, perché <<non è vero che le bambole non possono parlare basta saperle ascoltare>>. La bambola nel grande magazzino acquista dunque la propria individualità grazie alla ragazza “alta, forse bruna” che la sceglie e che l’acquista proprio per la peculiarità delle sue lunghe trecce. Appare un evidente antropomorfizzazione in quanto la bambola assume la propria individualità e capacità di sentimenti tanto che tra i due personaggi si genera un rapporto di affetto reciproco: <<Lei ha girato tutto il magazzino tenendomi stretta dentro una mano forte ed io mi sentivo al sicuro>>.
Nel finale Trecciolina apprende che la sua vera destinazione sarà quella di comparire nella raccolta di Puffi di Anna-Occhi-Belli e manifesta la propria felicità muovendo le trecce con soddisfazione come solo una bambola sa fare. Ad aprire la raccolta è la fiaba eponima La luna e gli spazzacamini, non a caso scelta per dare il titolo alla raccolta in quanto racchiude in sé le principali passioni dell’autrice: quella della poesia e quella della narrazione di fiabe. Ancora una volta il tema è quello del percorso di formazione nel senso della presa di coscienza della propria individualità di questi due personaggi che si autorelegano, per il loro aspetto esteriore, ai margini della società, con una scarsissima autostima. Tramite il dialogo con la luna, archetipo della bellezza e della poesia, si trasformano gradualmente fino ad accettare di frequentare la scuola. Una volta acquisita tale sicurezza, possono anche dedicarsi alla loro grande passione scrivendo finalmente versi ispirati e sereni, dedicati alla luna, loro benefattrice che ride sotto i baffi che non ha. Ha graffi, invece, spostando l’attenzione dalla prosa alla produzione poetica, nello specifico all’ultima pubblicazione della Degl’Innocenti in cui il titolo stesso esplicita proprio questo concetto. Per concludere sia le favole che le poesie della nostra autrice confermano la sua sensibilità e la sua attenzione agli aspetti apparentemente semplici della vita che in realtà rivelano ciò che di più autentico è possibile trovare, attraverso uno sguardo che sa preservare il proprio stupore di fanciullo perché, citando Federico García Lorca dall’esergo al libro “I graffi della luna”:
<<Ci sono anime che hanno Stelle azzurre, mattini secchi tra le foglie del tempo e angoli casti che conservano un vecchio rumore di nostalgia e di sogni>>.
Federico García Lorca (8 febbraio 1920)
Valeria Serofilli
Nota di lettura(.pdf) di Valeria Serofilli al volume Affetti Collaterali Desiderati (Florence Art Edizioni, Firenze 2010) di Salvatore Mancuso. Il recente libro di Salvatore Mancuso, edito per i tipi di Florence Art Edizioni, risulta accattivante già al primo sguardo per la veste grafico tipografica, per l’immagine di copertina, nonché per il titolo che già rivela alcuni degli aspetti peculiari del testo, con quello stravolgimento di una frase fatta che viene capovolta tramite un’ironia che sconfina quasi nell’umorismo. L’espressione di natura medica, che si può leggere nell’indicazione di certi medicinali “effetti collaterali indesiderati”, diviene, infatti con evidente allusione all’ambito amoroso in un modo che verrà poi esplicitato attraverso le letture del testo, “Affetti collaterali desiderati”. In effetti è proprio la ricerca dell’amore in tutte le sue forme, sia sul piano del desiderio fisico che intellettuale, a dominare entrambi i racconti che costituiscono questo vivace lavoro letterario di Mancuso. Il linguaggio utilizzato dall’autore è estremamente funzionale ad esprimere una realtà concreta e credibile: il mondo giovanile in senso ampio. Le descrizioni concernono esperienze d’incontro con persone, oggetti e situazioni, proposte in modo diretto ed esplicito con molta verve e cogliendo gli aspetti di maggior rilievo con cui i personaggi si confrontano giorno per giorno. Quanto appena detto non significa che il linguaggio non sia curato; compare, anzi, un’eleganza formale nell’evocare ad esempio situazioni passate, in particolare le esperienze degli anni cruciali quali il periodo della formazione della personalità come quelli scolastici, nello specifico liceali. Salvatore Mancuso fa sempre ricorso ad immagini e a dimensioni concrete, anche realistiche, quasi che si trattasse di un documentario filmato. Non è un caso forse che il testo contenga molte pagine a cui si fa cenno alla passione dei protagonisti per la cinematografia, molti film dei quali vengono citati esplicitando attori, registri e trame
ed esprimendo anche giudizi e valutazioni, con una preferenza che va a quelli italiani degli anni sessanta. Trattandosi di racconti basati su effetti di sorpresa e sulla concatenazione rapida e precisa di fatti, non è possibile anticipare troppi dettagli riguardanti le trame, anche per lasciare al lettore il gusto della scoperta individuale. Tuttavia è possibile affermare, come già detto in precedenza parlando del titolo, che la vicenda principale è quella delle schermaglie amorose con alternarsi di attrazione / repulsione, incontri fisici e onirici, sognati e immaginati. Ancora una volta s’invita a fare riferimento alla bella copertina del volume realizzata da Krystn Palmer, dal titolo Weary Angel (Angelo stanco) che raffigura un’immagine femminile che sembra evocare la Melencolia del Dürer, famosa incisione del 1514 densa di riferimenti esoterici. Non a caso la malinconia, sorta di tristezza di fondo che porta a vivere passivamente, senza prendere iniziative, sembra particolarmente adatta a descrivere i conflitti interpersonali e le sorti alterne delle vicende amorose descritte nel libro, a metà tra la dimensione onirica e le asprezze di quella concreta. Per concludere si tratta di racconti, questi di Mancuso, gradevoli e fluidi ma tutt’altro che semplici e superficiali, capaci di scavare nella psicologia dei vari personaggi e di proporre un’immagine rappresentativa sia del microcosmo descritto che della realtà della società del nostro tempo.
Valeria Serofilli
Caffè dell’Ussero di Pisa, 20 Gennaio 2012