Nelle liriche di questo libro, Valeria Serofilli porta avanti il discorso intrapreso fin dall’inizio della sua esplorazione dell'universo poetico.Nei testi di Chiedo i cerchi precedentemente comparsi in Nel senso del verso-Nuova raccolta (vincitrice dell’edizione 2008 del Premio letterario internazionale Gaetano Cingari, sez. silloge inedita) ed ora confluiti in questo volume, è ancora l’impronta luziana a costituire un punto di riferimento, una traiettoria, una direzione, un senso, appunto, tematico e strutturale, come già accadeva nel precedente Nel senso del verso, (libro con audiolibro, ed. ETS, Pisa 2006).
Anche in Chiedo i cerchi sono presenti citazioni luziane dirette, nello specifico tratte da Su fondamenti invisibili, ma si rileva nitida la presenza e l’influsso dell’autore fiorentino anche nell'eco di certe cadenze, ritmi, scansioni. In particolare nelle liriche Gli ulivi abbacinavano il sentiero, Perdurare di fantasmi, Segmento di lucertola e Via di fuga nel dislessico, poesie che si riallacciano al citato lavoro multimediale della Serofilli, e in particolare in testi quali Resoconto (in morte di Mario Luzi), Percorso e appunto Nel senso del verso.
Sussiste inoltre, come si rileva dalla poesia che dà il titolo alla raccolta, e specificamente dai versi “A te parola non chiedo sillabe / che squadrino ogni lato (…) A te parola chiedo i cerchi/ del sasso nello stagno che genera onde di pensiero”, un solido richiamo montaliano, quasi un’eco di quel pregnante “Non chiederci la parola” che costituisce la base e il grado zero, la possente espressione dell’inesprimibile, racchiusa in Ossi di seppia. Ma qui la Serofilli ribalta tale poetica della negatività con un’asserzione decisa e feconda di valori costruttivi.
Come già accadeva nella produzione precedente dell’autrice, ci sono tuttavia in questo volume anche componimenti che si muovono in modo del tutto autonomo, e in qualche caso perfino controcorrente rispetto a tali orientamente e a tali ascendenze. In quest’ambito rientrano due tipi di liriche: da un lato quelle della sezione Acqua d'Arno (fra le quali Palme alla torre) e quella della sezione Sei il bimbo (Doni, L’organetto) e, per quanto riguarda le più recenti, Di riflesso e Estate.
Nella sez. Omaggi, inoltre, il panorama si allarga, come se la poesia dell’autrice reclamasse a sé, ai propri temi ispiratori e alla propria gamma di suoni e stilemi, rotte diverse, varie, affini e parallele a diversi stati d’animo e al mutare dei tempi e dei toni, anche interiori, che si collocano alla base dell’atto del creare. Si allaccia quindi la Serofilli, tramite un dialogo ideale, ad altri autori a lei particolarmente cari e che avverte vicini per affinità “elettive”. È lei stessa a dichiarare di aver inteso scrivere il libro proprio sulla traccia di queste affinità possenti e nuove che percepisce, “all'insegna di un linguaggio poetico inserito nel solco della tradizione ma anche ben radicato nell'attualità, nel tentativo di superare le barriere spazio temporali come solo la poesia è in grado di fare”.
Ci sono inoltre alcune poesie particolari, in cui un’ironia diretta, a tratti tagliente, si sposa ad un ritmo perfettamente consono a tale briosa e acuta osservazione. È notevole la distanza apparente tra queste specifiche liriche ed altre, molto più classiche nel tono e nella scansione, tipiche dell’autrice. Tuttavia tale dicotomia, seppure evidente, non stride, non risulta inappropriata. In primo luogo perché, seppure con forme e strumenti diversi, è coerente e riconoscibile l’intento di indagare sui misteri, semplici ed essenziali oppure complessi, intricati, dell’esperienza e della vita, la gioia, il dolore, la bellezza e la minaccia dell’assurdo. Inoltre l’autrice, sempre mossa da nuovi incontri letterari e nuovi stimoli, sembra ora cercare spazi espressivi altri, più ampi, più vari; come un musicista che, tramite nuovi influssi, ampia la propria gamma senza mai rinnegare il proprio mondo, gli accordi interiori che costituiscono la sua essenza artistica ed umana.
Ivano Mugnaini