Il dettato poetico di Renata Giambene impegna soprattutto nell'esame stilistico e linguistico. Stile e linguaggio pongono valutazioni dissimili. Talvolta la poetessa sembra affronti l'artificio nella involuzione espressiva, mentre invece, constatando i risultati raggiunti, si tratta di naturale affermazione espressiva di vago richiamo poundiano e joyciano. Nella Giambene cosiffatto stile contraddistingue posizioni di autonomia da quelle di controllo analogico che ricalcano schemi già scontati. La poetessa persegue una dimensione di una certa novità stilistica dosata con esperta misura e adeguata espressione formale. Il linguaggio s'adegua allo stile, e la parola, misurata e non calcolata, compone la musiva capacità contemplativa della Giambene ormai incamminata su strade sicure nelle quali influisce, specie in questo libro (Sosta al fiume) presentato da Giuseppe Villaroel, lo slittamento prosastico delle più recenti esperienze. In fondo, nessun poeta riesce totalmente nuovo. Richiama echi e voci di poeti del suo tempo o di quelli che l'hanno preceduto, assunti in una dimensione forse più originale, forse più compiuta, forse contrastante. Le occasioni che la memoria raccoglie vengono stemperate in ulteriori assonanze e dissonanze personali da parte del poeta che le capta, per una stesura differente sì ma evidentemente armonizzate su quegli echi e su quelle voci. Forse se Dante non avesse conosciuto la « De Jerusalem coelesti » e la « Visione di Tundalo », non avremmo avuto la Commedia. Questo per citare un caso d'altissima e solitària esemplificazione. Il settore poetico di Renata Giambene, per quanto riguarda il contenuto e il valore che lo esprime, si popola di motivi di estrema attualità senza abbandoni senza compiacimenti soprattutto senza calcolata occasionalità.
Mario Donadoni